Le cantine entrano nel mercato con il CTR. La rivoluzione dietro l’angolo.

l(1813)La Cantina Corbera con il suo Presidente Bufalo sarà in prima linea a Palermo per la presentazione del CTR.
A tal proposito riportiamo l'articolo di Pino Gullo (Pres. Legacoop Agroalimentare Sicilia)   tratto da SiciliaInformazione

Giovedì 3 febbraio 2011, a Palermo,  a Palazzo dei Normanni, sede dell’ARS,  verrà presentato ed illustrato il Progetto “CTR”  di riorganizzazione  delle  cantine sociali cooperative alla stampa, agli operatori, alla GDO e alle forze politiche e sindacali.

Che cosa è “CTR”? Una società consortile, promossa dalle due maggiori centrali cooperative, Legacoop e Confcooperative, di proprietà delle principali cantine sociali aderenti  e situate nelle tre province occidentali dell’isola (Trapani, Palermo e Agrigento).

Perché l’evento è fondamentale per il futuro di buona parte  della viticoltura siciliana e quindi  di un pezzo importante dell’economia agroalimentare della Sicilia? Il sistema vitivinicolo, da sempre, oltre ad essere il comparto di punta della produzione agricola isolana ed il volano, il  moltiplicatore, di un indotto di notevole entità per altre imprese della filiera vitivinicola,  è anche il prodotto immagine, il messaggero di un territorio, che più di qualunque altro, storicamente,  rappresenta il simbolo e l’identità di una regione.
Veicolare buon vino sin dai tempi dei fenici ed ancora oggi,  significa veicolare ricchezza della terra d’origine, opulenza  nei commerci e negli  scambi culturali, forieri di altre e nuove transazioni commerciali (turismo).
Ma, il comparto vitivinicolo siciliano, pur continuando a svolgere un ruolo socio-economico e ambientale fondamentale  e contribuire alla formazione del 12% della PLV siciliana,  è un settore, al pari del resto di tutta l’asfittica economia dell’isola, profondamente in crisi.

Da un decennio ci siamo liberati, quantomeno nel mercato italiano, dell’immagine che ci vedeva assegnato il ruolo di produttori ed esportatori di vino da taglio, buono per arricchire e completare altri vini, ma non riusciamo a vendere il prodotto. Per quale ragione? Nonostante i notevoli passi avanti fatti nell’ultimo ventennio sul piano della qualità e dell’identità, non riusciamo a conquistare i mercati internazionali, neanche quelli più casalinghi europei? I dati del resto parlano chiaro. La Sicilia con 9 milioni di quintali di uva mediamente prodotta, continua ed essere la regione italiana con la maggiore superficie destinata alla coltivazione ad uva da vino, rappresentando il 17,5% del totale nazionale. Dei 7 milioni circa di  vini e mosti che si ricavano dai 9 milioni di uva prodotta, secondo l’Istituto di ricerca CORERAS (che ha rielaborato dati ISMEA), nel 2009, abbiamo esportato direttamente appena 119 mila ettolitri di vino sfuso in ben 10 paesi esteri, una ridicolaggine, aggravata dal dato delle vendite all’estero del confezionato; sempre secondo il CORERAS, nel 2009, la Sicilia ha esportato direttamente vino confezionato (in bottiglia) per appena 340 mila ettolitri diseminati in 30 paesi, che denota totale un’assenza di strategie del sistema. Comunque, una bazzecola rispetto ai milioni di ettolitri prodotti.

Quali le cause? Quali i punti di debolezza di questo sistema? Sinteticamente possiamo dire: A) Eccessiva produzione di vino sfuso: circa 80% del totale prodotto; B) Nanismo delle aziende, sia delle aziende agricole che delle cantine che  di produttori di prodotto finito: solo 8,9% del totale delle aziende produce oltre 500.000 unità/anno di prodotto confezionato; C) Scarsa propensione ad attività associativa o di joint-venture fra le aziende vinicole (reti d’imprese); D) Mancanza di cultura imprenditoriale: industrializzazione del prodotto, marketing, e marketing-mix; E) Scarsa reattività del settore ai processi di innovazione.

Nel mentre, a livello mondiale  che succede nel mondo del vino?  A fronte di un calo dei consumi nei paesi tradizionalmente consumatori (dove si beve meno ma si beve meglio),   assistiamo all’emergere di  gruppi imprenditoriali sempre più forti; il mercato mondiale del vino si sta espandendo,  si allarga anche il segmento dei vini di base. Si compete su tutto. Brevemente,  annotiamo alcuni tratti comuni nell’evoluzione del mercato: a) Si compete in ogni segmento, la produzione, la trasformazione, la logistica, la  distribuzione, la commercializzazione, la promozione; b) Non si lasciano margini di diseconomie, sia per la trasformazione o la logistica o per i servizi; c) Anche nei segmenti bassi, importanti dosi di servizio incorporato, immagine, in primo luogo, ma anche qualità; d) Cambiano completamente le competenze, pochi manager ben pagati, pochi tecnici molto specializzati, tutti lavorano per unità di prodotto molto più elevate.

Quali le sfide e i pericoli ulteriori in arrivo per continuare a competere nei mercati?
In sintesi: 1) l’aumento della pressione concorrenziale nel segmento dei vini di qualità sui mercati internazionali esercitata dai Paesi nuovi produttori; 2) l’aumento della pressione concorrenziale nel segmento dei vini sfusi sui mercati internazionali esercitata dai produttori del bacino mediterraneo, dei Paesi dell’Est, dei Paesi sudamericani e dell’Australia; 3) la nuova legislazione Comunitaria ed gli accordi commerciali con altri Paesi extra UE (es. USA) penalizzanti per il rilancio della nostra vitivinicoltura; 4) il calo dei consumi di vino pro-capite in Italia e in Europa; d) l’aumento dei costi di gestione delle aziende agricole.
Ma anche grandi opportunita’ perché circa un miliardo e mezzo di persone hanno cominciato ad usare il mercato (Cina, India, Russia ecc.), ed, in special modo, i nuovi ricchi hanno cominciato a bere  vino partendo con i grandi vini francesi ed anche italiani, ma la maggior parte dei nuovi consumatori vuole vini che: 1)  Costino poco e arrivino attraverso canali che non siano solo i ristoranti di lusso ed i grandi alberghi; 2)  Abbiano  contenuti identitari e rappresentino anche importanti masse critiche.

Come reagire a questo complessa situazione e a questo disastro tutto siciliano frutto di errori storici degli ultimi decenni del 900? Nell’era della glolocalizzazione, c’è ancora spazio per recuperare sul terreno  imprenditoriale e sul recupero di fette di mercato?  Sono convinto che se sappiamo  darci assetti organizzativi e imprenditoriali adeguati, modelli gestionali e dimensionali in grado di rispondere  alle sfide competitive del mercato, possiamo ancora salvare pezzi importanti della nostra viticoltura. Avere consapevolezza dei mercati esteri  significa puntare sulle loro potenzialità e utilizzare le migliori professionalità per avere la forza e la competenza per sfruttarli.
Nello scenario economico  internazionale, il  mondo del vino sta vivendo un grosso processo di cambiamento che coinvolge, in  primo luogo,  il legame con il territorio. Più il vino è carico di valori e storia, più è l’immagine riflessa di una comunità, più questa identità lo aiuta a collocarsi facilmente nel mercato.
Nei mercati di tradizionale (Europa e America del nord), il consumo regolare non coinvolge più del 24% dei consumatori, la quota dei consumatori occasionali è fortemente aumentata arrivando a rappresentare, oggi, il 65% del totale.
Tutto ciò ha orientato il consumatore verso la ricerca di prodotti sempre legati al territorio, ma con un prezzo accessibile. Più dell'80% del consumo avviene nella grande distribuzione a scapito del canale horeca.
La crisi del mercato del vino degli ultimi anni si è innestata, in Sicilia, in uno scenario già di per se preoccupante, in particolare se si fa riferimento alla realtà delle cooperative di produttori che, attraverso il sistema delle Cantine Sociali, non hanno saputo offrirsi in maniera convincente ad un mercato mondiale del vino sempre più esigente. Ciò, non certo per carenza nella qualità del prodotto offerto, in cui, anzi, i progressi effettuati negli ultimi anni sono stati notevoli, quanto piuttosto a causa del mancato sviluppo di strategie imprenditoriali in grado di piazzare efficacemente, sul mercato, il prodotto enologico.
In particolare, il forte ritardo nello sviluppo di strategie di vendita del prodotto confezionato, ed il ricorso al tradizionale, quanto inadeguato, segmento di mercato offerto dalla vendita di vino sfuso, hanno causato un arretramento delle posizioni dei viticultori legati alle cantine sociali a favore dei produttori privati.
Non a caso, infatti, nonostante la crisi, negli ultimi anni parecchi produttori provenienti dal Nord Italia, ed investitori esteri, hanno acquistato tenute ed aziende siciliane realizzando, in parecchi casi, notevoli guadagni.

Ecco, da questa complessa analisi siamo partiti per tentare di riposizionare la produzione vinicola associata  e riorganizzare il sistema cooperativo delle cantine sociali aderenti. Come? Innanzitutto dando un Governace più dinamica e celere nelle decisioni, attraverso una società consortile di capitali di proprietà  delle 12 cantine socie,  “CTR” appunto, capace di aggregare, in una dimensione d’impresa adeguata, un’offerta di prodotto e di prodotti in grado di soddisfare le sfide e aggredire i mercati internazionali. Le 12 cantine associate da “CTR”, intercettano 16.500 ettari del vigneto Sicilia,   producono 1 milione e mezzo di quintali di uva (pari al 20% circa della produzione isolana), organizzano 7 mila soci produttori, ad oggi fatturano più di 40 milioni di euro, sviluppato in 12 stabilimenti di lavorazione dislocati nelle tre province occidentali dell’isola.

“CTR”, nonostante  esiste da poco più di un anno, ha già cominciato ad operare sui mercati esteri concludendo importanti contratti con alcune centrali d’acquisto dell’Est Europeo e con  avanzate prospettive di concludere ulteriori contratti in Cina, Russia e Canada. Contestualmente sta operando concretamente sul fronte dei costi centralizzando e trattando per conto dei soci gli approvviggionamenti collettivi del cosiddetto “secco” (bottiglie, tappi, etichette).

Ma, sinteticamente, come  si concretizza ed in che cosa consiste la riorganizzazione del sistema cantine sociali ? In sostanza, cosa prevede il progetto CTR?
L’obiettivo è di raggruppare in  6 – 8 centri della produzione e vinificazione in stretta relazione fra di loro, affinché si riducano i costi di produzione ed aumentino sensibilmente i volumi del prodotto confezionato. Per il raggiungimento di questi obiettivi, a conclusione del processo di riorganizzazione, i poli della produzione  e della vinificazione saranno dotati di: 1. Un unico sistema informativo gestionale per la programmazione ed assistenza tecnica nei campi; 2. Un unico centro di ricerca e sperimentazione;  3. Un polo per l’imbottigliamento; 4. Un polo per la logistica dello sfuso; 5. Un’unica cabina di regia per gli acquisti, il marketing e la comunicazione.

Ogni centro produttivo è supportato, per gli aspetti organizzativi e di programmazione, da CTR, che fornirà sia gli indirizzi programmatici che il supporto tecnico e scientifico. I centri sono sinergici (non conflittuali) e lavorano assieme all’interno di CTR per la realizzazione di un marketing mix, che sia appetibile ai mercati.

L’unificazione dei sistemi gestionali e la cabina unica per gli acquisti di forniture di beni e servizi, avrà sensibili ricadute, sul piano della riduzione dei costi, per tutte le cantine socie di CTR, con immediate conseguenze positive sul prezzo dell’uva conferita dai soci produttori  perché impatta nella minore incidenza dei costi  di lavorazione per quintale di uva trasformata.

In concreto, il progetto di riorganizzazione  assegna a “CTR”  i seguenti compiti: 1) La realizzazione di una centrale unica per gli acquisti che avrà effetti sui costi delle materie prime e dell’energia; 2) La realizzazione di una centrale per la standardizzazione e la commercializzazione dei vini sfusi prodotti da uve autoctone di qualità (grillo e nero d’avola); 3) La realizzazione di un centro unico per il confezionamento del vino prodotto dalle cantine sociali socie; 4) L’ammodernamento, il completamento e la specializzazione delle linee di confezionamento già presenti all’interno delle cantine socie; 5) La commercializzazione e la promozione del vino confezionato, con un proprio marchio (Brad), sul mercato mondiale.

Per concludere, da tutto ciò che abbiamo cercato di argomentare, si evince che, nel mondo,  vendere  vino, equivale a vendere piacere, fantasia e sogno  simbolo di un ambiente, un territorio, un contesto geografico, e con esso la sua cultura e la sua storia. Dunque, vendere una bottiglia di vino è soprattutto sinonimo  di  vendere una regione e la storia degli uomini che l’abitano; certamente tutti  fattori ed elementi, questi,  che, nel bene o nel male,  alla Sicilia  non mancano, a patto che impariamo a comunicarle e  valorizzarle. 

4 commenti

  1. Sembra troppo bello per essere vero.
    Se l'idea riuscisse a decollare sarebbe davvero la svolta per la produzione di vino in Sicilia.
    Speriamo solo che non diventi il solito carrozzone e la selezione del personale della regia sià effettuata con criterio e non su segnalazione di qualche pappone!

  2. sempre da SiciliaInformazione

    Vino: produzione e nuovi mercati per i prodotti siciliani
    Giovedì 3 febbraio dalle 10,30 tavola rotonda all’Ars 

    “Quali prospettive per il vino siciliano? Quali sono i novi mercati, anche esteri, che possono essere conquistati? Quale modello imprenditoriale è più adatto per la produzione locale?”: sono i temi al centro della tavola rotonda che si terrà giovedì 3 febbraio dalle 10,30 nel Palazzo dei Normanni a Palermo (Sala Gialla), organizzata da Legacoop Agroalimentare Sicilia, Confcooperative e Cantine Trapanesi Riunite. 

    L’incontro, dal titolo “La riorganizzazione e l’aggregazione delle cantine sociali siciliane per il mercato di domani, un modello per gli altri comparti produttivi. Il ruolo degli strumenti legislativi e finanziari per il rilancio del settore agroalimentare “, sarà moderato da Nino Amadore della redazione siciliana del Sole 24 Ore. Parteciperanno: Raffaele Lombardo, presidente della Regione;  Elio Sanfilippo, presidente Legacoop Sicilia; Pino Ortolano, responsabile Confcooperative Trapani; Elio D’Antrassi, assessore regionale per le Risorse Agricole e Alimentari; Camillo Oddo, vicepresidente ARS; Pierluigi Stefanini, presidente UGF; Mauro Gori, presidente Cooperfidi Italia; Giovanni Luppi, presidente Legacoop Agroalimentare; Sergio Soavi, responsabile Prodotti Tipici,  Coop Italia; Giuseppe Mistretta, presidente BCC “Don Rizzo“, Alcamo (TP); Armando Roncaglia, presidente Gruppo di Comunicazione Roncaglia & Wikijander (Roma); Jacques Amato, general manager Celerant Consulting ( Parigi). 

     
    Le 12 cantine sociali riunite in CTR, organizzano più  di 7 mila viticoltori delle tre province occidentali siciliane, intercettano 16.500 ettari del vigneto Sicilia, producono e lavorano 1 milione e mezzo di quintali di uva da vino (pari al 20% circa della produzione isolana) e sviluppano un fatturano di 50 milioni  di euro.  

  3. Le Cantine aderenti al Consorzio sono le seguenti

    Alto Belice, Avanti, Cellaro, Corbera, Madonna del Piraino, Petrosino, San Francesco, Sant’Antonio, Uvam, Valle del Belice, San Francesco di Paola, Kaggera

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