I cinesi nelle nostre cantine

images(1008) Sul sito menfitano “Il Giornale La sfida” sono state pubblicate delle foto riguardanti il passaggio dei cinesi dalle nostre cantine…..
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13 commenti

  1. ma sapete se qualcosa è "cuagliato" con questi cinesi?
    Io sono disposto pure a mangiare ops parlare il mandarino basta che la cantina paga l’uva che ho consegnato.

    Salvatore M

  2. Carissimo commentatore 1, hai ragione nel pensare al ricavo di un anno di lavoro, ma secondo me non sono i cinesi che risolveranno il problema, anzi!!!!
    anzi perchè, non devi dimenticare che in un "mercato globale" tutti i paesi sono "competitors", a maggior ragione la Cina che come sappiamo tutti riesce, attraverso lo sfruttamento del lavoro, a produrre a prezzi più bassi!!!!

    a tale proposito, sarebbe interessante, ricordarvi che cosa è successo alle industrie tessili del distretto di Prato…. sono rimaste pochissime industrie Italiane, oltretutto, destinate a morire perchè poco competitive (il resto sono tutte cinesi).

    occorre, secondo il mio modesto parere, acquisire una cultura imprenditoriale e cercare di valutare a medio e lungo termine il mercato.

    e poi, sappi, che questo ragionamento, del tipo: basta che mi pagano quest’anno a costo di farmi "fagocitare" dai cinesi…..è l’ennesimo "bluff" per la nostra struttura; piuttosto è meglio rivedere la gestione delle nostre cantine sociali, affinchè, riescano a dare valore ad un prodotto di valore!
    ..imbottigliando il più possibile e valorizzando il prodotto con opportune formule di commercializzazione e marketing.
    giusi

  3. molti studi hanno interessato il mercato del vino, alcuni dei quali scientificamente molto validi….
    di seguito vi allego un link che dimostra, seppur in parte, l’andamento del mercato e le strategie di commercializzazione più opportune da adottare.

    http://www.agriregionieuropa.univpm.it/dettart.php?id_articolo=229

    di certo i cinesi, e continuo a ribadirlo all’infinito, non sono la soluzione per la nostra vitivinicoltura!

    spero di riuscire, a breve, ad effettuare una stima che dimostra le ripercussioni a medio e lungo termine che il vino italo-cinese può provocare sul mercato globale e sulle nostre produzioni.
    giusi

  4. sono perfettamente d’accordo con quanto detto da giusi, anzi aggiungerei una cosa, ovvero che non bisogna scomodare i cinesi tanto lo sappiamo da una vita dove va a finire il nostro mosto, giusto? e questo lo si evince da un bilancio di cantina che è basato quasi esclusivamente da vendite di mosto muto destinato alle famose e belle cantine del nord.  Il risultato è che la cantina è più gestibile nel breve periodo dall’amministratore di turno….ma a lungo andare di mezzo ci andiamo noi tutti.
    Così non si va avanti…è da una vita che ci sfruttano!!

  5. Del posto n. 2 e 3 condivido l’affermazione che non si può sperare in una vendita di un certo quantitativo di profdotto affidandoci al mercato, ipotetico per ora, del sol levante.
    Sono molto d’accordo sul punto relativo alle tecniche uniche di commercializzazione, un marchio, uno solo con un disciplinare serio questo sì.
    Per il resto ci sono tutta una serie di bisogna fare ecc. ecc. che racchiudono una serie di ovvietà, tipo cercare di valutare a medio e lungo termine il mercato. In altre parole se si riuscisse a fare questo si risolverebbero tutti i problemi il punto è come si fa?
    Va be lasciamo fare, anche sul discorso del tessile prate è tutta un’altra zuppa, lì ci sono degli imprenditori cinesi che lavorano e producono, nel caso del vino i cinesi sarebbero i consumatori, i destinatari finali di un prodotto che nasce in Sicilia. E poi ci sarebbe tanto altro da dire, ma non è  questo il luogo dove sragionare del tessile pratese.
    La cantina corbera, negli anni, non ha fatto i passaggi giusti per essere, oggi, competitiva, non so se lo sarà fra qualche tempo o se è tardi ora.
    La scommessa è, anzi sarebbe, quella di riuscire a diversificare le colture, ma per riuscirci ci vuole l’acqua, cosa che non c’è. Allora si deve spingere per averla per laghi di medie dimensioni, collinari, che raccolgano l’aqua piovana che va a mare, per lo sfruttamento delle sorgenti.
    Francamente non credo tanto che l’unico sfogo economico possa essere la vitivinicoltura, ad oggi non ci sono però, purtroppo, le condizioni per fare altro.

  6. ci vorrebbe…. ci vorrebbe……….l’acqua…..ok! ….hai, in parte, ragione!
    ma se sul territorio abbiamo "ABBONDANTEMENTE" investito sulla viticoltura, perchè buttare al macero tanti investimenti???????
    ..hai ragione, la diversificazione in ambito aziendale è importante per riuscire ad ammortizzare le variazioni del mercato, ma esistono anche le piante officinali ad esempio, alcune delle quali non necessitano di laghetti collinari!!!!! (a tale proposito ti invito a prendere visione di un volume pubblicato dalla Prof.ssa Crescimanno della Facoltà di Agraria di Palermo e a partecipare ai vari convegni organizzati dalla Unità Operativa di Menfi..che sulle officinali si è abbondantemente spesa…)

    per quanto riguarda le previsioni sul mercato a medio e lungo termine….  sappi che tutte le imprese che stanno sul mercato…le previsioni le fanno|!!! e le fanno attraverso semplici studi di mercato e successive elaborazioni econometriche (ad oggi le più attendibili)…..

    il problema è investire sulla ricerca e non buttare soldi a "casaccio" o sul personale inutile!

    Penso che la chiave di volta per risolvere i problemi sul territorio, è: dare gli incarichi di responsabilità a persone competenti!!!! STOP

  7. Ci vorrebbe …. ci vorrebbe… si dico e ribadisco ci vorrebbe che comunque è sempre megno del bisogna fare senza dire come, comunque senza polemica, piante officinali? C’è uno sbocco serio? Non so, così potrei dire che mi sembra difficile che il mercato ne possa recepire grandi quantità, comunque sia anche se si facesse una seria diversificazione manca quello che si diceva prima un marchio di tutela.
    Una cosa del genere non è impossibile a farsi, sicuramente meno dispendiosa di attuare una politica seria di convoglio delle acque e viabilità rurale decente, con ciò non deve essere presa sottogamba.
    Si deve partire da un disciplinare valido per i produttori, farne conoscere i punti ai consumatori di modo che il prodotto assume quel marchio solo ed esclusivamente solo a certe caretteristiche. Il marchio a questo è garanzia per il consumotore. SI parli di vino, ficodindia, carciofi, fichi o cutupiddi prodoti con certio standard e che provengono da un territorio ben individuato.
    Evitando di mettere i fichidindia piccoli in fondo alla cassetta però.
    Un territorio irriguo dal qual vengono fuori prodotti certificati e con viabilità rurale buona può anche affrontare i periodi di crisi

  8. sembra che questa pagina è consultata da pochi…visti i commenti..
    ..evidentemente gli argomenti a carattere pettegolo-politico, nelle nostre comunità sono più interessanti rispetto alle reali esigenze del territorio

    …se volete…. possimo scambiarci la mail (attraverso l’aiuto del blog) e formare possibili tavoli tecnici, nell’ambito dei quali possimo consultarci e confrontarci sulle possibili azioni da promuovere.

    comunque il mercato lo decide l’offerta se si è in regime di monopolio o oligopolio, nel mercato concorrenziale(come il nostro), invece, l’attenzione viene data al consumatore..per cui decidere se fare o meno un marchio unico o altro, deve scaturire solo dopo un’attenta analisi del mercato…cioè capire cosa vuole realmente il consumatore!!!

    …..spero di riscuotere adesioni!

  9. non so se la pagina è consultata da pochi comunque per ragionare dicose serie affermare che il marchio ha senso se viene fatta un’analisi di mercato è una affermazione che non condivido. Mi spiego meglio. Intanto preferisco parlare di consumatori e non di mercato e penso che ragionevolmente il consumatore compra o un prodotto di qualità, cercando un conveniente rapporto qualità/prezzo, oppure compra il prodotto che costa meno. Una nicchia compra il prodotto di alta qualità. Siccome penso che di prodotti costosi e di alta qualità ce ne siano tanti e la nicchia che li compra è per forza di cose ristretta è opportuno puntare su un prodotto che abbia il rapporto qualità prezzo migliore. Ammesso che io riesca a realizzarlo questo prodotto come faccio a farlo conoscere al consumatore di Cantù piuttosto che a quello di Paganellao di Olevano sul Tusciano? In nessun modo se agisco da solo, con qualche speranza se promuovo un marchio. Quello qui espresso è un concetto banale, banalissimo che credo possa essere un buon punto di partenza. Il marchio, però per realizzarlo necessità di un coinvolgimento serio delle amministrazioni locali che devono fare da volano. Insieme a questo si devono creare tutte le condizioni perchè si possa produrre bene, torno lì irrigazione dei campi che necessita di grandi, non grandissimi, sforzi progettuali ed economici. Necessaria è anche una buona viabilità rurale, dico questo perchè uan viabilità rerale decente ti permette di portare le persone che verranno sul nostro territorio di conoscere le zone di produzione.
    Si chiede troppo? Probabilmente. E’ tardi? Non lo so. C’è la capacità di realizzare queste cose? Ma!

  10. caro commentatore, forse,il problema sta proprio nella tua affermazione,  …non puoi personalizzare il consumatore affermarmando apriori che compra sulla base del rapporto qualità prezzo e stop, la percezione della qualità è un parametro che non puoi decidere senza avere studiato l’individuo, anche perchè questa percezione è in continua evoluzione e dipende da tutta una serie di esperienze…

    io sarei daccordo sul marchio…. ma che marchio? ..marchio unico??

    ma è come voler sempre cose nuove, senza avere tentato di lavorare sull’esistente!!!!!
     
    …..ma poi a che serve il marchio unico se poi non si sa vendere il prodotto????
    puoi pretendere all’infinito che probabili sussidi e personale regionale si muovono sempre in soccorso delle aziende nella la fase di commercializzazione????

    penso che occorre lavorare sulle culture e smuovere le cosceenze…per far cambiare il territorio!!!

  11. non ho detto che compra sulla base del rapporto qualità prezzo. C’è un consumotore che compra così, un altro che compra quello che costa meno e un altro che compra il miglior prodotto. COme dicevo quelli che comprano il top del prodotto sono in numero necessariamente inferiore aglia altri. Non potendo, stante le capacità degli agricoltori, i costi di produzione e i giusti ricarichi non posso rivolgermi a chi sceglie il prodotto che costa meno. Questo è quello che ho affermato sopra. 
    COmunque sia il marchio secondo me dovrebbe essere unico e serve a pubblicizzarlo. Sapere vendere è altra cosa, ma non puoi vendere qualcosa che non si conosce. Faccio un esempio se io dico Brunello si pensa a Montalcino, bene a Montalcino ci sono diverse cantine, tutte sono nel consorzio del brunello. Stessa cosa il Chianti o il Barolo o la Franciacorta.
    E’ ovvio questi sono dei marchi che nascono con il vino ed oggi, specie per il chianti, si sono estese all’olio.
    QUesto è quello che penso e non ho mai detto sussidi, invito le amministrazioni locali a fare da volano per il progetto merchi non da bancomat,
    Invito le amministrazioni locali a cercare i fondi, regionali, nazionali, europei ed investirli nell’unica realtà produttiva del nostro territorio realizzando opere strtturali: viabilità rurale e raccoglitori di acqua e canalizzazione..
    Questo è quanto

  12. ho capito benissimo le tue motivazioni, ma non mi trovi daccordo sulla percezione del consumatore…..
    comunque, è interessante l’idea che vorresti portare avanti.
    ma non dimenticare che, anche, attraverso una semplice opera di modernizzazione le cose possono cambire, ed io al momento credo che basta agire sulla comunicazione e sulla tipologia di prodotto che si possono incrementare le vendite di vino "imbottigliato"..

    se poi vogliamo focalizzare l’attenzione, anche, su altre produzioni che necessitano di acqua, penso che non può che fare bene al territorio..comprese di buona visibilità, anche, attraverso un’adeguata viabilità!!!!!

    ma vedi, tutto è un processo collegato….. intanto io focalizzerei l’attenzione sull’esistente, impegnandomi a migliorarlo..
    poi o quasi contemporaneamente provvederei a dare visibilità al territorio…ma in tutto questo non devo nemmeno dimenticarmi delle STRUTTURE" che mi consentono intanto di ospitare i potenziali visitatori e poi di farli permanere il più possibile sul territorio…
    se vuoi possiamo parlare pagine intere sul da fare (trovando ovviamente le soluzioni, senza optare per opere faraoniche).
    comunque mi fa molto piacere che sei attento alle dinamiche e proponi delle idee….
    a presto

  13. E’ chiaro quello che ho proposto sopra è il top….l’irrigazione permette di diversificare le colture e non dipendenre esclusivamente dal mercato vinicolo, sfuso o imbottigliato. Non credo sia opportuno buttare al macero l’esperienza dei nostri agricolturi nella produzione di uva da vino, ma se si avessero altre produzioni si potrebbe arginare meglio la crisi. La viabilità serve non solo a raggiungere meglio i campi coltivati da parte di chi li lavora, ma potrebbe dare un senso alle strade del vino e alturismo enogastronomico.
    Il marchio sarebbe una cosa seria da attuare nel brevissimo periodo, ma non per questo meno importante. Il marchio è per forza di cose proiettato sull’esistente.
    Dubito che nache una sola di queste cose proposte si realizzerà

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