Premi e Conseguenze

Immagine(306) da IL GIORNALE n. 32 del 2008-08-11 pagina 28 di Marta Bravi  nostro inviato a Santa Margherita di Belice

Sanguineti vince a casa del Gattopardo. Lo sponsor si infuria e minaccia il ritiro

Chissà cosa direbbe Giuseppe Tomasi di Lampedusa nel sapere che il premio dedicato alla sua memoria, giunto quest’anno alla sua quinta edizione (e coincidente con il cinquantesimo anniversario della pubblicazione del Gattopardo) se lo è aggiudicato uno dei suoi più acerrimi nemici, il poeta genovese Edoardo Sanguineti, con l’opera Smorfie. Romanzi e racconti (Feltrinelli). Lo stesso Sanguineti che firmò ben diciotto articoli contro il Gattopardo, bollando il romanzo, sulla scia del Contini, come letteratura superata e reazionaria.
La paradossale scelta del premiato, preceduto da illustri autori (l’israeliano Yehoshua con La sposa liberata, e Tahar Ben Jelloun con Amori stregati, Claudio Magris con Alla cieca, Anita Desai con Fuoco sulla montagna), non è sfuggita allo sponsor, l’azienda vinicola Donna Fugata, che sembra voglia ritirarsi lasciando a secco il premio il prossimo anno. La decisione non è ufficiale, ma tra le mura di Palazzo Filangeri di Cutò echeggiava il disappunto di Giacomo Rallo, titolare dell’azienda – per la prima volta quest’anno non consultato riguardo la scelta del vincitore – che non si è dimenticato dei diciotto articoli che il poeta genovese del Gruppo 63 indirizzò contro Tomasi di Lampedusa, e anche della recente lectio magistralis dai toni fortemente «rivoluzionari», se così si può dire, tenuta da Sanguineti a Montecitorio. E se Donna Fugata, che faceva sentire la sua «eloquente» assenza ieri sera alla premiazione – nonostante abbia poi reso omaggio al poeta nella sua dimora – manifesterà probabilmente il suo dissenso sfilandosi l’anno prossimo come sponsor, Gioacchino Lanza Tomasi, figlio adottivo dell’autore del Gattopardo, nella riservatezza tipica dei notabili siciliani, ha scelto di consegnare il proprio disappunto solo agli amici intimi.
«Sorpreso» in una conversazione con l’assessore alla cultura e all’agricoltura Peter Gleidewel, infatti, si lamentava del restauro del palazzo e dell’incongruenza complessiva del premio. Scavando nelle radici più profonde della storia e della tradizione siciliana, per esempio, risulta difficile trovare un nesso tra il gelido canto medioevale finlandese con cui si apriva la cerimonia -sotto lo sguardo delle bianche pietre di
Sicilia e delle palme mediterranee -e la cultura del Belice. «Il premio a Sanguineti è la vendetta di Bossi -tuonava il sindaco di Salemi Vittorio Sgarbi, riferendosi alla recente bocciatura del figlio del senatùr. La Sicilia, terra di Luigi Pirandello e di Leonardo Sciascia, si trova a premiare un poeta padano». Pace all’anima del Gattopardo.

 http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=282527&PRINT=S

10 commenti

  1. Terribile il ritorno di immagine provocate da pessime scelte della Direzione del premio letterario.

    A noi margheritesi ci stanno facendo perdere ciò che è stato costruito e pure la faccia.

    Tante, troppe incongruenze: un autore che è un poeta sperimentale, antigattopardiano in chiave letteraria, e comunque mortificato nella presenza della cerimonia a favore di medici e genuflessi giornalisti provinciali…. e tanto altro che verrà svelato.

    E poi ancora Sgarbi che adesso ha ROTTO!!!!!!!!!!!!……. Con dichiarazioni offensive “pace all’anima del Gattopardo”…

    E’ un premio che ci ha mortificato. Occorre individuare le responsabilità di chi ha operato scelte sbagliate organizzative e di presenze che hanno reso poco credibile, provinciale e dilettantistico questo premio.

    Alla direzione chiediamo di DIMETTERSI PER MANIFESTA INCOMPETENZA!!!!!!

    Alcuni margheritesi

  2. Grazie santoro, prima sei stato capaci di promuoverc e pubblicizzarci in America(€ 50.000). Poi altrettanto capace di sputtanarci nazionalmente in paese

    ( € ?).

    Bravo santoro il tuttofare.

    Continua così.Siamo felici

    Margherita, purtroppo tua eletrice.

  3. Per l’atteggiamento MALEDUCATO di Sgarbi chiediamo da questo blog che il Sindaco di Santa Margherita chieda scusa a chi era presente e alla Città. Amici del sito fatevi portavoce e promotori di questa richiesta.

    Giuseppe G.

  4. AVVISO: per i malati di “CUORE” (quello rosso….. e di carta……) un invito: astenetevi dal leggere.

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    Inutile fare i santoni. Sfido chiunque chi è senza peccato a scagliare la prima pietra…. compreso chi oggi si ostenta a fare il PALADINO ……..

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    Tratto da: IL GIORNALE

    n. 191 del 2008-08-12 pagina 31

    Quella strana passione dei «maestri» per gli scrittori del Sud

    di Vittorio Sgarbi

    Ora che il gesto idiota del sindaco di Capo d’Orlando, accanito per propaganda contro Garibaldi, mi ha costretto non solo a restaurare la lapide a Garibaldi di Palazzo Torrealta a Salemi, ma anche a rivalutare l’Inno di Mameli, finemente avversato da Bossi con una performance di interpretazione critica sotto l’apparenza di un gesto giudicato volgare (ma quanto espressivo!), l’occasione del premio «Tomasi di Lampedusa» a Santa Margherita di Belice assegnato allo scrittore Edoardo Sanguineti, noto comunista del Nord e avversario giurato di Tomasi, mi fa riflettere sulla passione degli insegnanti per gli scrittori meridionali, argomento caro a Bossi, e su cui è tornato anche ieri.

    La contestazione dell’inno di Mameli era inevitabile, dal momento che esso chiede una cosa («raccoltaci un’unica/ bandiera, una speme:/ di fondersi insieme/ già l’ora suonò»), di cui la Lega vuole il contrario. Per coerenza, i disappunti sono inevitabili. Oggi l’impresa di interpretare il pensiero critico di Bossi sulla scuola appare più difficile, perché le sue affermazioni sembrano viziate da un interesse personale. Il «ragazzo bastonato agli esami perché aveva presentato una tesina su Carlo Cattaneo» è suo figlio. Traspare una inclinazione affettiva nel riferimento diretto, che non vale solo per il Nord, ma per qualcosa di più intimo e privato. E comunque esemplare. Bossi dice: «un nostro ragazzo». E ancora: «basta con le scuole in mano agli stranieri»; «non possiamo lasciar massacrare i nostri figli da gente che non conosce la nostra storia».

    Ma questo interesse personale ci consente di dire subito che, per lo meno, Bossi ha le “sue” ragioni. E restiamo a quelle. Conosco Renzo Bossi, maltrattato dai giornali perché bocciato al Liceo scientifico Bentivoglio di Tradate, dopo essere stato bocciato, l’anno scorso, a Varese. Il precedente non favorisce un giudizio positivo. E sospinge verso le «ragioni» degli insegnanti. I quali, però, meridionali o no, saranno certamente più severi e puntigliosi perché Renzo si chiama Bossi. Ma il padre, che conosce bene il figlio, dopo essere stato buono una volta confidando nel buonsenso dei docenti, la seconda volta non ci sta. Infatti, a sua come a mia scienza, Renzo è un bravo ragazzo, semplice, non aiutato ma dominato dal padre, non manifesta vizi, gli piacciono le ragazze, non si droga, non partecipa a rave party, neanche in Padania. Forse anche per questo è anomalo rispetto a molti suoi compagni. Io, presidente di Commissione di Maturità come sono stato, non lo avrei bocciato, né la prima né la seconda volta. Eppure apprezzo Pirandello, Sciascia, e anche Croce e Tomasi di Lampedusa, meridionali raccomandabili, e certamente curiosi, loro sì, di Carlo Cattaneo. Sul Corriere Matteo Collura ha spiegato bene due cose, indifferenti al cuore di un padre: «che se non ci fossero gli insegnanti meridionali, in Italia non ci sarebbe una pubblica istruzione; e che, Pirandello, non che in Italia, con i Sei personaggi in cerca d’autore segnò un “prima” e un “dopo” nel teatro mondiale». Bossi, citando Pirandello e Sciascia, non intendeva negarne una portata nazionale e sopranazionale, ma indicare un vizio di origine, un automatismo, nel celebrare alcuni autori ignorandone altri, indipendentemente dalla grandezza. In realtà, evocando il nome di Cattaneo, tentava di restituire la tesina del figlio a un dibattito attuale sul federalismo, probabilmente malgradito o respinto anche da insegnanti non meridionali. Quanti ne ho conosciuti! Per loro la bocciatura poteva assumere il significato anche di un avviso al padre. E dunque meglio un figlio tormentato, pirandelliano, in cerca d’autore, o un ragazzo semplice e desideroso di approfondirne il pensiero attraverso lo studio di un grande pensatore come Cattaneo? Ecco: con piena maturità Renzo Bossi ha voluto dimostrare di non ribellarsi al padre e di interpretare uno spirito patriottico coerente con la visione del padre.

    E non è giusto che si indigni un padre che vede bocciato il figlio perché è rispettoso delle sue idee, serio e senza ansie di affrancamento dal padre? Non si potrà compiacere che un figlio non viva di contrasti di personaggi pirandelliani e la disillusione di Sciascia? Renzo Bossi è un ragazzo semplice, e suo padre sa intimamente che questo si deve anche a una madre siciliana. La verità è che non meritava di essere bocciato solo perché suo padre si chiama Bossi.

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    Continua la querelle sul caso del premio assegnato a Sanguinetti.

    Ecco cosa riporta il CORRIERE DELLA SERA.

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    Pagina 43 (12 agosto 2008) – CORRIERE DELLA SERA

    Dispute. Il poeta del Gruppo 63 da sempre contesta la sua posizione ideologica e il gusto letterario

    Sanguineti, paradosso Gattopardo

    Riceve il premio dedicato all’ autore, ma lo boccia ancora. Con un distinguo

    Quest’ anno compie cinquant’ anni, ma Il Gattopardo riesce ancora a infiammare gli animi. Questa volta per il premio Tomasi di Lampedusa, giunto alla quinta edizione (nel suo albo d’ oro Abraham Yehoshua, Tahar Ben Jelloun, Claudio Magris e Anita Desai). La giuria, presieduta dal figlio adottivo del principe, Gioacchino Lanza Tomasi, ha attribuito il riconoscimento a Edoardo Sanguineti per le sue Smorfie (Feltrinelli), suscitando le ire, riferiva ieri «il Giornale», del principale sponsor del premio, l’ azienda vinicola Donnafugata, e un certo stupore degli addetti ai lavori. Il motivo? Sanguineti sarebbe tutt’ altro che un estimatore di Tomasi di Lampedusa, anzi lo avrebbe in più occasioni stroncato. Lo scrittore, oltre a elogiare un premio che non richiede l’ adesione alla sua filosofia, non si riconosce affatto nel ruolo di grande nemico di Tomasi di Lampedusa: «È chiaro che non ho mai condiviso la sua posizione ideologica e il suo gusto letterario. Erano gli anni dell’ Avanguardia e io perseguivo un ideale di scrittura molto lontano da quello del principe, né potevo condividere la sua lamentazione sulla fine delle aristocrazie. Ma sono cose che ho rovesciato in un elogio del romanzo, del suo realismo che me lo fa avvicinare a Dante o a Balzac, due grandi reazionari in grado di raccontare meglio di altri la realtà. Anzi, il romanzo acquista più importanza oggi che, finita l’ epoca dei gattopardi, siamo nel pieno trionfo delle iene e degli sciacalli». Nel ‘ 96 Sanguineti ripercorse il suo rapporto con il romanzo in un intervento a un convegno organizzato da Francesco Orlando e contenuto nel volume Il chierico organico (Feltrinelli). Qui ammette di partecipare a tutti e quattro i pregiudizi di cui, secondo Francesco Orlando, fu vittima Lampedusa e cioè il pregiudizio ideologico della sinistra che lo considerava un conservatore, il pregiudizio di chi vedeva nel romanzo la filosofia dell’ immobilismo, quello regionalistico che vorrebbe legarlo alla sicilianità e quello sperimentalista secondo cui è viva solo la letteratura d’ avanguardia. Sanguineti ricorda anche di essere stato un lettore «tutt’ altro che sollecito e impaziente» del romanzo, e di aver seguito «per un qualche spazio di tempo, non lungo ma pur significativo, recensioni, commenti, polemiche, coltivando di quel romanzo un’ immagine di seconda mano» che non lo sollecitava a prendere una posizione personale. «Di più – scrive il critico – letto infine il libro, rimasi rispettosamente imperturbato. Non capivo nemmeno bene perché ci si accalorasse tanto». Certo, nello scontro tra «Vittorinisti» (da Elio Vittorini che rifiutò il romanzo per i Gettoni Einaudi) e «Bassanisti» (da Giorgio Bassani che lo fece pubblicare da Feltrinelli), cioè tra «una volontà di ricerca e di sperimentazione, narrativa e genericamente letteraria e culturale, ansiosa del nuovo e del rischioso, e una volontà moderata di cauto sviluppo, di moderata evoluzione se non, decisamente, di conservazione illuminata», è facile intuire da che parte stia Sanguineti. Questo lo colloca un passo indietro rispetto a Franco Fortini, secondo cui il Gattopardo «fa l’ elogio del sempre uguale» in «una Sicilia senza astratti furori e senza sindacalisti», ma soprattutto «dà l’ impressione del già letto, del già pensato, del già saputo» e a Alberto Asor Rosa che ancora nel 1998 giudicava Il Gattopardo un romanzo mediocre, che riprendeva temi, come il logoro fatalismo siciliano, già battuti da Verga, De Roberto, Pirandello e vedeva nell’ ovvietà e nella semplicità le chiavi del suo successo. In ogni caso Il Gattopardo, per Sanguineti rappresentò, anche suo malgrado, «l’ ordine romanzesco restaurato», incarnò una «prospettiva di perfetto saldo tra prudenti innovazioni formali e strutturali e una fedeltà di fondo a un’ idea immortale, e sostanzialmente immobile, del narrare, ovvero, se si preferisce, a un’ idea arcaica e consolidata». Il rischio del Gattopardo, scrive più avanti Sanguineti, «diventava manifestamente quello di trovarsi posto al servizio di quel “Demos nostro sovrano e padrone” per usare una nota espressione di Lampedusa, non troppo lontano, come collocazione fattuale, non dico dalle letture amene (mi servo sempre di Lampedusa) condotte da “i bottegai, i ferrovieri, gli uscieri e le cassiere”, ma dalle letture da spiaggia e da premio letterario dei Don Calogero del momento e delle loro gentili signore». Nel saggio Sanguineti cita anche Alberto Arbasino, suo sodale nel Gruppo 63, secondo cui «il referente di Lampedusa non era Proust ma E. M. Forster, coi romanzi pubblicati negli anni Dieci e Venti del Novecento e che la letteratura italiana non ha mai avuto». Ma negli anni Sessanta il punto era, secondo Arbasino: «Non avendo avuto un Forster nelle epoche giuste, bisogna farli in ritardo per non saltare una tappa nell’ evoluzione? O non sarebbe opportuno agganciarsi – perso per perso – a una fase più moderna?». * * * Gli esperti «Così Tomasi fu stroncato da avanguardia e sinistra» Gian Carlo Ferretti, che alla storia del Gattopardo rifiutato ha dedicato il saggio La lunga corsa del Gattopardo (Aragno), non ricorda Sanguineti come un grande stroncatore dell’ opera, tuttavia, dopo aver premesso di «non aver mai avuto, e meno che mai oggi, molta stima dei premi letterari» ammette di trovare «curioso e sorprendente che un riconoscimento intitolato a uno scrittore in alcun modo riconducibile allo sperimentalismo e all’ avanguardia sia stato assegnato a Sanguineti». Uno scrittore molto lontano dal principe, anche secondo Matteo Collura: «Il problema di Tomasi di Lampedusa fu che quando uscì il libro non si sapeva niente di lui e molti, compreso Sciascia che poi si ricredette, si fermarono al “cambiare tutto perché nulla cambi” che sembrava una saracinesca sulle speranze soprattutto della sinistra, che lo stroncò in blocco». (c. t.) * * * Il caso Il romanzo «Il Gattopardo», storia di una famiglia nobile siciliana negli anni dell’ Unità d’ Italia, viene pubblicato nel 1958 da Feltrinelli. L’ autore, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, era morto l’ anno prima Le polemiche Con quelli di Cassola e Bassani, il romanzo di Tomasi diventa uno dei bersagli dei giovani intellettuali del Gruppo 63. Tra loro c’ è Edoardo Sanguineti

    Taglietti Cristina

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    Dopo le polemiche evidenziate su IL GIORNALE , e l’articolo comparso ieri sul Corriere della Sera, anche oggi la questione SANGUINETI- TOMASI DI LAMPEDUSA, continua a tenere banco sull’importante quotidiano nazionale. A pag. 43 del Corriere della Sera del 13-08-2008 viene riportato un interessante articolo a firma di Franco Cordelli

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    Corriere della Sera – NAZIONALE –

    sezione: Terza Pagina – data: 2008-08-13 num: – pag: 43

    No, il premio Tomasi a Sanguineti non dovevano darlo

    di FRANCO CORDELLI

    N egli

    anni Settanta si aveva, di Edoardo Sanguineti, questa idea: che fosse un buon poeta, diciamo un poeta medio. Aveva cominciato interpretando a modo suo la lezione dei Cantos di Pound, un modo che a tanti, a troppi, sembrava rivoluzionario di per sé e che era una variazione sul tema.

    Poi, col passare del tempo, ammorbidendo quel suo modo irto e iper-ellittico, Sanguineti era diventato un poeta intimista, perfino crepuscolare. Non aveva scritto quel bel saggio su Guido Gozzano? Ecco, il saggio su Gozzano; ma anche quello su Moravia, ritenuto a torto o ragione un suo bersaglio polemico, e i saggi danteschi: quanto bastava per fondare la convinzione che il saggista Sanguineti fosse un buon saggista, migliore del poeta.

    Personalmente, anch’io avevo questa idea. La cambiai vent’anni dopo — proprio leggendo il saggio che Sanguineti dedicò a Tomasi di Lampedusa e al suo Gattopardo. Quel saggio, lo dico senza filtri, senza infingimenti, era un orrore! Non riesco a capire come, ancora oggi, lo si possa considerare in modo serio. Per me, gettava una retrospettiva luce sulle opere precedenti, forse ingiustamente. Non ne faccio una questione di idee, che cosa Sanguineti pensasse, o pensi, dello scrittore siciliano, ne faccio una questione di stile. Un mucchio esagerato di incisi, di cautele, di distinguo, di prolusioni alla prolusione: quando Sanguineti arriverà al punto? Al punto non arrivava mai.

    Che oggi si stia a discutere del premio, intitolato a Tomasi di Lampedusa, mi sembra pazzesco. Il Gattopardo è palesemente uno dei due o tre romanzi italiani del Novecento: non per ragioni intellettuali, che neppure ricordo, ma per come è costruito; per il suo così moderno essere un polittico (caso unico nella storia della nostra narrativa); per l’ampiezza e la misura del respiro; per essere, Lampedusa, l’unico, vero erede dello stoicismo di Leopardi, il Leopardi delle Operette morali.

    Di fronte a questo testo, che cosa è l’opera di Sanguineti? A quest’opera viene attribuito un premio, il che non stupisce, premi ne vengono offerti a tutti. Ma questo premio è intitolato, appunto, ad un nemico simbolico di Sanguineti, quali che siano i distinguo, ovvero gli apprezzamenti successivi. Pazzia della giuria o sua larghezza di vedute? O, per essere maliziosi, uno schiaffo morale? Infine. A questo comportamento alla moda, e benché la letteratura non sia la politica, a questo comportamento in stile Attali (vedi Alemanno-Amato) cosa segue se non un’imperturbabile accettazione del premio da parte di Sanguineti? In effetti, non si vede perché avrebbe dovuto declinare il dono. In nome di che? In nome di quale idea? In nome di quale ideale?

    Giuseppe Tomasi di Lampedusa e Edoardo Sanguineti

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    Un nuovo articolo oggi tratta la questione TOMASI-SANGUINETI evidenziando anche un aspetto che certamente gli organizzatori del premio non avevano messo in conto: quello pubblicitario

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    Tratto da agrigentonotizie.it

    Cultura – Sicilia – 14/08/2008 09:20

    Diventa un caso il Premio Tomasi a Edoardo Sanguineti

    Versione stampabile Diventa un caso politico-letterario (e c’era da aspettarselo) l’assegnazione del premio Giuseppe Tomasi di Lampedusa allo scrittore e poeta genovese Edoardo Sanguineti.

    Il mondo letterario italiano e le pagine culturali dei più autorevoli quotidiani nazionali si occupano dell’evento ponendo serie perplessità sulla scelta di premiare un intellettuale che era stato uno dei suoi più acerrimi nemici. Sanguineti firmò ben diciotto articoli contro il Gattopardo, criticando il romanzo che oggi è il più tradotto del Novecento, giudicandolo a suo tempo “letteratura superata e reazionaria”.

    Il primo a contestare la scelta sarebbe stato addirittura lo sponsor privato del premio, le cantine Donnafugata, che oggi vorrebbero mollare la collaborazione con l’istituzione Tomasi di Lampedusa dopo cinque anni di successi. In effetti, per la prima volta la famiglia Rallo quest’anno non è salita sul palco a consegnare il premio e l’assenza non è passata inosservata.

    Gli organizzatori parlando adesso di “esagerazioni giornalistiche”, ma anche Franco Cordelli sul Corriere della Sera, nell’edizione di ieri non ha trascurato questo curiosità letteraria, scrivendo: “Il premio è intitolato ad un nemico simbolico dl Sanguineti, quali che siano i distinguo, ovvero gli apprezzamenti successivi. Pazzia della giuria o sua larghezza di vedute? O, per essere maliziosi, uno schiaffo morale? A questo comportamento alla moda, e benché la letteratura non sia la politica, a questo comportamento cosa segue se non un’imperturbabile accettazione del premio da parte di Sanguineti? In effetti, non si vede perché avrebbe dovuto declinare il dono. In nome di che? In nome di quale idea? In nome di quale ideale?”

    Ma, forse, per il premio Tomasi di Lampedusa potrebbe essere questo il definitivo lancio nel panorama letterario internazionale. E, quindi, potrebbe essersi trattato davvero di una astuta trovata pubblicitaria.

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    Anche giovedì 14 agosto il CORRIERE DELLA SERA ritorna sull’argomento del premio letterario.

    Lo fa con un articolo a firma di CESARE SEGRE che ovviamente si riporta

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    Corriere della Sera – NAZIONALE –

    sezione: Terza Pagina – data: 2008-08-14 num: – pag: 41

    categoria: REDAZIONALE

    Quattro buone ragioni per difendere il premio a Sanguineti

    di CESARE SEGRE

    I l caso Tomasi di Lampedusa-Sanguineti (vedi Cristina Taglietti, sul «Corriere» del 12, e Franco Cordelli, sul «Corriere» di ieri) suscita un’infinità di riflessioni proprio perché non investe, almeno direttamente, princìpi di carattere morale o legale, ma valutazioni rispettabili e insieme opinabili.

    Nessuna delle parti in causa ha violato qualche normativa. Partiamo dalla giuria. Dando il premio a un critico poco simpatetico dello scrittore siciliano, come Sanguineti, la giuria ha rinunciato ad atteggiamenti vendicativi: se apprezza, com’è evidente, Sanguineti, non aveva alcun motivo cogente per negargli il riconoscimento. Nel caso che glielo avesse negato, si sarebbe magari letto su qualche giornale: «La giuria del Premio Tomasi boccia la candidatura di Sanguineti per le sue critiche al romanziere siciliano». Niente di male, nemmeno in questo caso; ma sta di fatto che la giuria ha scelto di essere generosa.

    E veniamo al critico e poeta genovese. Non c’è conflitto d’interessi: egli non ha mai negato l’importanza di Tomasi, altrimenti non gli avrebbe dedicato un ampio saggio. Accettando il premio, Sanguineti non fa che riconoscere una realtà di fatto: Tomasi di Lampedusa è scrittore importante, anche se (a suo parere), sopravvalutato.

    Veniamo adesso al lettore della notizia e dei commenti. È naturale che per motivi polemici si esasperi una contrapposizione: o Tomasi di Lampedusa o Sanguineti. La storia letteraria, che esclude o dovrebbe escludere gli apriorismi, può benissimo ospitare, e di fatto ospita, entrambi gli scrittori. Un critico apprezzerà di più l’afflato storico e la capacità affabulatrice di Tomasi, un altro i labirinti linguistici e psicologici di Sanguineti. Ma il critico deve saper superare le propensioni personali, e riportare gli scrittori nel flusso storico di cui fanno parte. È entro quel flusso che si elaborano i valori letterari. Occorre distinguere, nelle opinioni di uno scrittore, quelle che hanno una validità critica, e quelle che rispecchiano un progetto contingente, e valgono come un «manifesto». Il Gruppo 63, cui Sanguineti aderiva, aveva disprezzato scrittori come Bassani e Cassola, mettendoli al livello di Liala. Tomasi poteva essere facilmente investito dalla stessa ondata, e in parte lo fu. Di tempo, ora, ne è passato: i Bassani (e i Tomasi) tornano a godere di altissima considerazione, e l’avanguardia del Gruppo 63, ormai terminato come gruppo, e storicizzato, ha lasciato tracce consistenti. Abbiamo visto sinora, come parti in causa, la giuria del premio, il vincitore Sanguineti, i lettori. Aggiungiamo i giornali, ai quali la giuria, con una scelta che sembra fatta apposta per richiamare l’attenzione, ha offerto lo spunto per riprendere un dibattito ormai lontano, e trarne nuovi motivi di meditazione.

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    IL GIORNALE oggi 14 agosto affronta con un articolo su SANGUINETI un altro interessante tema al quale vi rimandiamo una attenta lettura

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    IL GIORNALE

    n. 193 del 2008-08-14 pagina 4

    Sanguineti: «I ragazzi di Tienanmen? Poveretti che volevano la Coca-Cola»

    di Paolo Bracalini

    Il candidato sindaco Prc di Genova: «Erano sedotti dall’Occidente». Volontè: vomitevole

    Bisogna farci l’abitudine. A guardare quel volto alla Marty Feldman (è lui stesso a schermirsi come quasi sosia di «un mediocre attore inglese»), ad ascoltarne l’eloquio forbito, l’incedere timido della voce interrotta dalle «sss» sibilanti colpa di un difetto di pronuncia, a scorrerne la bibliografia chilometrica, e poi prepararsi a tutt’altro. Perché il poeta Edoardo Sanguineti, se dovesse scegliere, preferirebbe somigliare ad un rapper di strada piuttosto che a Pascoli o Carducci. E anche in politica, da candidato della sinistra radicale al Comune di Genova, il letterato ha definitivamente scelto lo stesso registro, quello della provocazione e dello sberleffo per «scuotere il borghese», come insegna l’avanguardia letteraria di cui è stato capofila negli anni ’60. Dopo aver detto di voler «restaurare l’odio di classe nei confronti dei padroni» mettendo in imbarazzo tutta la sinistra ligure, Sanguineti ha prodotto un’altra strofa rap, in un’intervista a La7: «Quelli di Tienanmen – ha spiegato il poeta – erano veramente dei ragazzi poveretti, sedotti da mitologie occidentali, un poco come quelli che esultarono quando cadde il muro; ma insomma, erano dei ragazzi che volevano la Coca-Cola». Sanguineti, giocoliere della parola (la sua opera in Italia è stata la bibbia della sperimentazione linguistica) non ha ancora preso bene le misure con la politica che, a differenza della poesia, prevede repliche e concede meno licenze. La replica infatti è arrivata subito dal centrodestra. Il senatore della Lega Nord Stiffoni ha consigliato a Sanguineti «un buon psichiatra che gli spieghi che siamo nel 2007, in Italia e non a Pyongyang». «Negazionista» secondo il capogruppo dell’Udc alla Camera Luca Volontè, che aggiunge: «È semplicemente vomitevole negare che i ragazzi di Tienanmen manifestarono per la libertà. Fa parte della violenza censoria del comunismo». È vero d’altronde che Sanguineti non rinnega affatto la sua appartenza ideologica. In una lectio magistralis per i 91 anni di Ingrao, dal titolo «Come si diventa materialisti storici», il candidato sindaco di Rifondazione descrive la fine del Pci come un fatto terribile, «un evento di cui tutti stiamo ancora pagando il prezzo». Col Pci è stato eletto consigliere comunale a Genova, nel 1976, e poi alla Camera come indipendente. «Nel 1979 il Pci mi chiese se volevo presentarmi in Parlamento – racconta – accettai perché nessuno ne aveva troppo voglia proprio per il clima e il pericolo che si correva e perché nell’emergenza non sono abituato a tirami indietro». Erano gli anni della contestazione e chi come lui a sinistra, nelle università, si schierava col partito contro quei «piccoli borghesi che volevano scardinare il mondo e sono finiti nella lotta armata», era in minoranza. Secondo Sanguineti, oggi quell’emergenza a sinistra c’è ancora, perché non c’è un partito del proletariato. «La sinistra crea partiti di opinione e il proletario è più solo che mai». A fargli compagnia, ormai, c’è solo il rap stonato di qualche poeta.

  10. Signori è veramente allucinante quello che è successo nella serata del Premio letterario.

    MI VERGOGNO DI ESSERE UN MARGHERITESE!

    Prima la figuraccia con il Sig. Prefetto non riconosciuto dalla Sig.na Rosy Bindi e di conseguenza i rimproveri da parte del Prefetto.

    Poi la caduta di stile della manifestazione per la presenza ed il discorso del Sig. Sgarbi.(Meglio che si metteva a giocare a briscola con il sindaco Santoro e parlare di Inni. Loro se ne intendono).

    Infine la prwemiazione al Poeta, non narrativo, Sanguinetti.

    Alla fine della manifestazione il Sig. Prefetto ebbe a dire: Pace all’anima di Tommasi di Lampedusa! Ed il Prucuratore Vella rispose: Hamel!.

    Penso Veramente che tutti gli organizzatori debbano dimettersi e chiedere scusa a tutti gli intervenuti alla manifestazione ed a tutti i cittadini di Santa Margherita di Belice.

    SANTORO NON VALI NIENTE COME SINDACO!

    Margherita

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