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Non c’è coordinazione tra gli agricoltori, in modo che si possano organizzare ed imporre il prezzo al mercato. Al contrario, finora il prezzo è stato loro imposto, e, come ogni cosa, va bene così com’è, non deve migliorare. Un bel fico d’india biologico, un bel progetto che, ovviamente, da nessuna parte può essere fatto, in quanto sono pochi gli areali di produzione di questo frutto, tra cui il nostro.
Se si pensa di dare lustro al prodotto “ficodindia” con delle semplici sagre paesane, a cui partecipano solo pochi intimi, finalizzate solo a sperperare denaro pubblico, siamo sulla strada sbagliata. Così non funziona.
Ai margheritesi non serve conoscere il ficodindia perchè viene coltivato pure nei balconi e nei giardini sotto casa.
Occorre un intervento concreto, coordinato anche dall’amministrazione comunale (magari con un assessore al ramo più competente), teso a favorire l’associazionismo e i consorzi. Niente “ficudinniara” al Cannitello (con una ordinanza sindacale si dovrebbero apporre dei divieti con multe salatissime per chi tenta di “rubare” il prodotti ai produttori margheritesi e vigilare sull’osservanza dei divieti stessi).
Bisognerebbe, una volta costituito il consorzio, cercare di acquisire una fetta di mercato e servirla del prodotto per un periodo più lungo possibile attraverso la destagionalizzazione del prodotto stesso. Anticipando e ritardando la “scozzolatura” si potrebbe infatti distribuire la produzione su un periodo più lungo (4 mesi: da settembre a dicembre). Ma tutto questo richiede la collaborazione dei produttori che come si sa più che ai principi di economia si inspirano al detto: “megghiou l’ovu oggi chi la gaddina dumani…”
QUOTO LA destagionalizzazione, mi piace l’idea
A parte la polemica sulla vetrina offerta da linea verde, sulla quale ben poco ci sarebbe da aggiungere l’analisi del problema “crisi dell’agricoltura e zootecnia” dovrebbe portare ad un ragionamento più ampio. Vero è come dice il post precedente che c’è una mancanza di organizzazione fra gli agricoltori che hanno comunque delle responsabilità, limitate ma secondo me una dose di colpe gli agricoltori le hanno. Tuttavia credo che si debba pensare ad affrontare le cose da oggi in poi. Ritengo che affrontare la situazione agricola attuale richiede un “fare sistema” che non può limitarsi alla singola azione, importante per carità, di un sindaco o un comune. C’è uno strumento che è stato fino ad oggi per nulla utilizzato che si chiama “Terre Sicane” e potrebbe essere il grimaldello per permettere di uscire da questa situazione critica. Primo passaggio potrebbe essere la costituzione di un consorzio per l’approvazione di un disciplinare di produzione per ogni coltura presente sul territorio vasto dell’unione dei comuni. Secondo passaggio la relaizzazione di un marchio che contrassegna i prodotti provenienti da quella zona di origine legata ad una pubblicizzazione del marchio e non del singolo prodotto. Controlli “seri” di modo che il consumatore sappia che se compra un prodotto contrassegnato da quel marchio ha una garanzia di paramentri di qualità individuati nei disciplinari. Vado oltre se il prezzo di vendita fosse stabilito con gli agrixcoltori e pubblicizzato dal consorzio con la garanzia che il prezzo è congruo in quanto rispetta la redditività e dunque la dignità delle persone e del loro lavoro potrebbe essere un valore aggiunto. Il consorzio dovrebbe altresì individuare i cultivar autoctoni, siano essi cereali, uva, olive ecc. e spingere verso questo tipo di oltivazioni. Ma si ha il coraggiio di abbandanare campanilismni idioti, i vari amministratori sono disposti a rinunciare ad una parte dei loro poteri per delegarli ad una struttura che organicamente potrebbe gestire delle situazioni meglio? Non lo so, ma credo che sia opportuno provarci per evitare che la crisi si acuisca ancora di più, che la disperazione pervada questo angolo di mondo. Forse con un marchio sì strutturato potrebbe essere linea verde che ti viene a cercare… Altro intervento da realizzare a mio avviso dall’Unione dei comuni, non dal consorzio cui facevo cenno prima semplicemnte perchè il consorzio per come lo intendo io dovrebbe avere una vocazione di pubblicizzazione e controllo, sdarebbe un serio intervento sulla viabilità rurale. Trovo un banale esercizo retorico parlare di turismo del vino se poi angoli di paesaggio bellissimi non posso essere raggiunti se non con unelicottero. Obiettivo è rendere raggiungibile tutti gli appezzamento di terreno coltivati anche ai potenziali turisti. Occorrono risorse e per quanto difficile trovo che una Unione di Comuni si possa meglio muovere rispetto ai singoli comuni. Sempre l’Unione dei Comuni con un progetto specifico potrebbe individuare anche i terreni, oggi incolti, da destinare a “bosco”, ma bosco vero fatto di piante autoctone e non di pini, gestiti direttamente dagli agricoltori proprietari dei terreni, individuando forme di assistenza al reddito, attenzione però non assistenzialismo puro, ma finalizzato a preservare il paesaggio perchè andando di questo passo perdiamo tutto,. tutto va in malora. L’Unione Europea finanzia tali tipi di progetti proprio perchè finalizzati alla cura del paesaggio inteso come bene primario. Ultima cosa rendere il territorio irriguo, abbiamo un territorio in gran parte collinare, escluso Menfi, perchè no strutturare una rete di laghetti collinari che coinvolgano dai 5 ai 20 proprietari di appezzamenti per invaso, concedendo finanziamenti e dando regole certe in merito alla corretta manuntenzioni, applicando penali serie in caso di incuria, assistendo gli agricoltori nella formazioni di associazioni finalizzate alla gestione dell’invaso. Tutti compitii dell’Unione. Credo che Santa MArgherita, visto l’approssimarsi delle elezioni abbia il dovere di mettersi all’anima questa cosa anche perchè è un comune che gode, per entità, un certo rilievo dentro L’Unione. Sono proposte, con dei limiti certo, ma davvero non ci si deve mai provare? Ma davvero ci vogliamo tenere quel mercato lì al cannitello, quel frumento di non so che clone che non serve a nulla, quelle olive che si raccolgono con la macchina, quelle uve che non hanno qualità?
salute