Mentre Linea Verde si occupa di tutti tranne noi..

 di Francesco Sciara
La nota e seguitissima trasmissione “Linea Verde”, recentemente, si è occupata di agricoltura, zootecnia e prodotti agroalimentari della Valle del Belìce. Nel corso di un lungo e dettagliato servizio giornalistico si è parlato di Menfi, Partanna, Selinunte, Sciacca, Ribera, Foce del Fiume Belìce. Un viaggio alla scoperta di genuini e prelibati prodotti del territorio: arance, olive, olio, formaggi, Vastedda Valle del Belìce Dop, vini, ecc.. Il servizio di “Linea Verde” ha rappresentato un’importante vetrina per quelle  città che hanno avuto modo di fare conoscere, ad una vasta platea televisiva nazionale, i prodotti dell’agricoltura e le bellezze naturali e paesaggistiche. Questo importante palcoscenico televisivo non è stato sfruttato da Santa Margherita di Belìce.  Le telecamere di “Linea Verde” si sono accese nei comuni limitrofi al paese del Gattopardo. Ma non vi sono approdate. Di tutto si è parlato, tranne che della vastedda, dei formaggi, dei prelibati ficodindia, del buon olio e dell’ottimo vino prodotti a Santa Margherita di Belìce. L’assessore margheritese all’agricoltura si deve essere distratto. Come devono essersi appisolati i tanti probabili candidati che aspirano a scaldare la poltrona di primo cittadino.

Di contro, nei mesi scorsi, altre note trasmissioni televisive si sono soffermati a parlare della gravi crisi che investe il comparto agricolo margheritese, agrigentino e siciliano. In quest’altro servizio giornalistico di “Presa Diretta”, gli agricoltori e gli amministratori margheritesi hanno avuto modo di evidenziare i tanti problemi del settore. Santa Margherita di Belìce ha ospitato, anche, lo sciopero generale provinciale della CGIL nel corso del quale sono stati evidenziati le problematiche legate alla crisi economica, alle tante tasse, alla mancanza di lavoro e di sviluppo.

Ma se è giusto sollevare i problemi, soffermandosi magari a cercare le soluzioni, è altrettanto utile aderire a trasmissioni importanti come Linea Verde. Per fare conoscere il proprio territorio e la bontà dei prodotti agricoli. Ma, forse, gli amministratori margheritesi non erano a conoscenza che “Linea Verde” si sarebbe occupata dell’agricoltura di questo territorio. Dovrebbero sapere invece, dal momento che ne avevano fatto un loro cavallo di battaglia in campagna elettorale, come richiedere e reperire i “famosi” finanziamenti regionali, nazionali ed europei da destinare agli agricoltori e agli allevatori margheritesi. Dopo cinque anni di amministrazione Santoro, quando siamo già a fine legislatura, di questi “famosi” finanziamenti nessuno a visto traccia. Agricoltori e allevatori non ricevono nessun aiuto, non hanno nessuna direttiva su come fare per reperire i finanziamenti e dare impulso alle loro attività. E da anni, assistiamo ad una “Sagra del Ficodindia” fatta di balletti, canzonette, “scupettate”  e bancarelle di collane e braccialetti. Mentre, la vera Sagra del Ficodindia si continua a svolgere in contrada Cannitello. Nella zona si svolge un improvvisato e non regolamentato mercato che vede i produttori locali svendere ad acquirenti provenienti da mezza Sicilia il prelibato frutto tipico margheritese. Una situazione al quale sembra che tutti hanno fatto ormai “il callo”. E con buona pace di tutti si aspetta la nascita e la regolamentazione del mercato del ficodindia, un sito idoneo e il potenziamento del mercato del contadino, nuove strategie per diversificare le produzioni agricole, il rilancio della Cantina Corbera, il recupero delle “famose” cooperative sorte, e ormai semidistrutte, per occuparsi e commercializzare fichidindia, latte, api e miele, funghi, fiori, maiali e quant’altro.

Come dire: del “pane, lavoro e prospettive” di santoriana memoria è rimasto ben poco. Anche per colpa di chi si è appostato “darre lu pitroni” ridacchiando: “tanto peggio tanto meglio”.

4 commenti

  1. Non c’è coordinazione tra gli agricoltori, in modo che si possano organizzare ed imporre il prezzo al mercato. Al contrario, finora il prezzo è stato loro imposto, e, come ogni cosa, va bene così com’è, non deve migliorare. Un bel fico d’india biologico, un bel progetto che, ovviamente, da nessuna parte può essere fatto, in quanto sono pochi gli areali di produzione di questo frutto, tra cui il nostro.

  2. Se si pensa di dare lustro al prodotto “ficodindia” con delle semplici sagre paesane, a cui partecipano solo pochi intimi, finalizzate solo a sperperare denaro pubblico, siamo sulla strada sbagliata. Così non funziona.
    Ai margheritesi non serve conoscere il ficodindia perchè viene coltivato pure nei balconi e nei giardini sotto casa.
    Occorre un intervento concreto, coordinato anche dall’amministrazione comunale (magari con un assessore al ramo più competente), teso a favorire l’associazionismo e i consorzi. Niente “ficudinniara” al Cannitello (con una ordinanza sindacale si dovrebbero apporre dei divieti con multe salatissime per chi tenta di “rubare” il prodotti ai produttori margheritesi e vigilare sull’osservanza dei divieti stessi).
    Bisognerebbe, una volta costituito il consorzio, cercare di acquisire una fetta di mercato e servirla del prodotto per un periodo più lungo possibile attraverso la destagionalizzazione del prodotto stesso. Anticipando e ritardando la “scozzolatura” si potrebbe infatti distribuire la produzione su un periodo più lungo (4 mesi: da settembre a dicembre). Ma tutto questo richiede la collaborazione dei produttori che come si sa più che ai principi di economia si inspirano al detto: “megghiou l’ovu oggi chi la gaddina dumani…”

  3. A parte la polemica sulla vetrina offerta da linea verde, sulla quale ben poco ci sarebbe da aggiungere l’analisi del problema “crisi dell’agricoltura e zootecnia” dovrebbe portare ad un ragionamento più ampio. Vero è come dice il post precedente che c’è una mancanza di organizzazione fra gli agricoltori che hanno comunque delle responsabilità, limitate ma secondo me una dose di colpe gli agricoltori le hanno. Tuttavia credo che si debba pensare ad affrontare le cose da oggi in poi. Ritengo che affrontare la situazione agricola attuale richiede un “fare sistema” che non può limitarsi alla singola azione, importante per carità, di un sindaco o un comune. C’è uno strumento che è stato fino ad oggi per nulla utilizzato che si chiama “Terre Sicane” e potrebbe essere il grimaldello per permettere di uscire da questa situazione critica. Primo passaggio potrebbe essere la costituzione di un consorzio per l’approvazione di un disciplinare di produzione per ogni coltura presente sul territorio vasto dell’unione dei comuni. Secondo passaggio la relaizzazione di un marchio che contrassegna i prodotti provenienti da quella zona di origine legata ad una pubblicizzazione del marchio e non del singolo prodotto. Controlli “seri” di modo che il consumatore sappia che se compra un prodotto contrassegnato da quel marchio ha una garanzia di paramentri di qualità individuati nei disciplinari. Vado oltre se il prezzo di vendita fosse stabilito con gli agrixcoltori e pubblicizzato dal consorzio con la garanzia che il prezzo è congruo in quanto rispetta la redditività e dunque la dignità delle persone e del loro lavoro potrebbe essere un valore aggiunto. Il consorzio dovrebbe altresì individuare i cultivar autoctoni, siano essi cereali, uva, olive ecc. e spingere verso questo tipo di oltivazioni. Ma si ha il coraggiio di abbandanare campanilismni idioti, i vari amministratori sono disposti a rinunciare ad una parte dei loro poteri per delegarli ad una struttura che organicamente potrebbe gestire delle situazioni meglio? Non lo so, ma credo che sia opportuno provarci per evitare che la crisi si acuisca ancora di più, che la disperazione pervada questo angolo di mondo. Forse con un marchio sì strutturato potrebbe essere linea verde che ti viene a cercare… Altro intervento da realizzare a mio avviso dall’Unione dei comuni, non dal consorzio cui facevo cenno prima semplicemnte perchè il consorzio per come lo intendo io dovrebbe avere una vocazione di pubblicizzazione e controllo, sdarebbe un serio intervento sulla viabilità rurale. Trovo un banale esercizo retorico parlare di turismo del vino se poi angoli di paesaggio bellissimi non posso essere raggiunti se non con unelicottero. Obiettivo è rendere raggiungibile tutti gli appezzamento di terreno coltivati anche ai potenziali turisti. Occorrono risorse e per quanto difficile trovo che una Unione di Comuni si possa meglio muovere rispetto ai singoli comuni. Sempre l’Unione dei Comuni con un progetto specifico potrebbe individuare anche i terreni, oggi incolti, da destinare a “bosco”, ma bosco vero fatto di piante autoctone e non di pini, gestiti direttamente dagli agricoltori proprietari dei terreni, individuando forme di assistenza al reddito, attenzione però non assistenzialismo puro, ma finalizzato a preservare il paesaggio perchè andando di questo passo perdiamo tutto,. tutto va in malora. L’Unione Europea finanzia tali tipi di progetti proprio perchè finalizzati alla cura del paesaggio inteso come bene primario. Ultima cosa rendere il territorio irriguo, abbiamo un territorio in gran parte collinare, escluso Menfi, perchè no strutturare una rete di laghetti collinari che coinvolgano dai 5 ai 20 proprietari di appezzamenti per invaso, concedendo finanziamenti e dando regole certe in merito alla corretta manuntenzioni, applicando penali serie in caso di incuria, assistendo gli agricoltori nella formazioni di associazioni finalizzate alla gestione dell’invaso. Tutti compitii dell’Unione. Credo che Santa MArgherita, visto l’approssimarsi delle elezioni abbia il dovere di mettersi all’anima questa cosa anche perchè è un comune che gode, per entità, un certo rilievo dentro L’Unione. Sono proposte, con dei limiti certo, ma davvero non ci si deve mai provare? Ma davvero ci vogliamo tenere quel mercato lì al cannitello, quel frumento di non so che clone che non serve a nulla, quelle olive che si raccolgono con la macchina, quelle uve che non hanno qualità?
    salute

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