Storia margheritese – la famiglia Tasca Filangeri ( II )

tasca(fonte archives.is)
Nel 1906 cominciò a dibattersi in Consiglio Comunale la rivendica degli Usi Civici sui feudi Aquila, Ficarazzi e Carcara. Così ebbe inizio una vertenza molto dispendiosa che durò circa trent’anni. Con sentenza del 31 dicembre 1930 il Regio Commissario per gli Usi Civici di Palermo stabilì di determinare in un sesto dei tre feudi Aquila, Ficarazzi e Carcara il compenso da corrispondere al Comune da parte dei proprietari che li detenevano. Ci fu un appello dei proprietari alla Corte di Appello di Roma, dopo di che, le parti, stanche per le ingenti spese giudiziarie sostenute dal 1906 ad allora, il 15 luglio 1935 addivennero ad una conciliazione, stabilendo in un quindicesimo del valore dei terreni il canone annuo da corrispondersi in denaro al Comune. Col ricavato si sarebbe dovuto acquistare terreni da assegnare ai contadini. La delusione fu grande perché in conclusione non se ne ricavò nulla. Se invece si fosse risolta la vertenza in base alla sentenza del 1930 al Comune sarebbe spettato un sesto dei tre feudi corrispondenti a terreni o al valore di mezzo feudo.

Alessandro Tasca, temperamento generoso e impulsivo nello svolgimento della sua attività politica per il Partito Socialista Riformista, oltre a condurre un tenore di vita sfarzosa in Palermo, cominciò a spendere più di quanto gli consentissero le rendite della sua pur considerevole proprietà. Dalla madre, Principessa Giovanna, era stato costituito erede universale di tutta la proprietà, salvo le quote di diritto spettanti a quattro figlie: Beatrice, Nicoletta, Giulia e Maria e al marito superstite Conte Lucio Tasca. Essa consisteva: Palazzo in Corso Vittorio Emanuele a Palermo, i feudi Aquila, Carcara e Ficarazzi e il Palazzo Cutò con l’incantevole “Giardino” e “L’Orto Grande” in Santa Margherita, case a Sant’Antonio, a Sant’Erasmo, a Terranova, Casina a Bagheria, rendite in Santa Margherita, in Palermo, in Bagheria, Altarello, gabella d’acqua agli eredi Saitta, condominio nella Baronia di Tusa, censi in Altavilla, Lucca Sicula, Montelepre, beni in Monreale, in Ravanusa, Casino Cutò in Monreale, rendita Platamone, brillanti, mobili, e oggetti d’arte nei palazzi di Santa Margherita, Bagheria, Venaria, beni allora valutati lire 2.379.561.

Poiché Alessandro si era impelagato in molti debiti, contraendo diversi mutui, garantiti su quelle proprietà indivise, le sorelle chiesero la divisione dei beni posseduti in comunione. Sicché, con atto 3 agosto 1907, tra i comproprietari Tasca venne stipulato un compromesso per addivenire alla divisione della proprietà. A quell’atto intervenne Onofrio Rotolo, l’onestissimo amministratore di casa Tasca Tomasi di Santa Margherita Belice, la cui memoria sarà in seguito eternata nei “Luoghi della mia prima infanzia” e nel “Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa.

Onofrio Rotolo ebbe mandato di provvedere alla divisione dei canoni in denaro in Santa Margherita, di provvedere alla loro riscossione e di amministrare i palazzi in Santa Margherita e in Bagheria e la Casina detta “Venaria”. Dopo di che, con atto 26 novembre 1908, si addivenne alla divisione. Ad Alessandro, quale erede universale, vennero attribuite sei quote, alle sorelle una quota ciascuno. Intanto la situazione debitoria di Alessandro Tasca era divenuta insostenibile. Sicché per tacitare i creditori fu costretto a vendere tutti i suoi terreni di Santa Margherita, ricavandone un importo di £.814.858. E poiché tale somma non risultò sufficiente per il pagamento di tutti i debiti, contrasse alcuni mutui per l’importo di £.87.900, con garanzia sulla nuda proprietà di cui l’usufrutto spettava al proprio padre dei canoni dovuti in Santa Margherita e sulla quota indivisa a lui spettante (6/10) del palazzo Cutò di Santa Margherita.

Si era nel maggio 1910, ma sembrava di essere in autunno. Un grande stormo di rondini, cioè parte dei feudi di quella proprietà tanto cara a Giuseppe Tomasi di Lampedusa con quella vendite volarono via. E dopo i feudi, venduti dallo zio Alessandro, fra non molto sarebbero volati gli altri terreni attribuiti alla madre Duchessa Beatrice e alle zie Nicoletta, Giulia e Maria. E fra non molti anni volerà anche il Palazzo con l’incantevole Giardino. Sicché tali beni per Giuseppe Tomasi, che ne era stato comproprietario per parte materna, finirono per essere solo un indimenticabile nostalgico ricordo, un paradiso terrestre e perduto della sua infanzia.

Sul Giornale “Sicilia Liberata” del 20 novembre 1943 fu pubblicato l’annunzio della morte del N.H. Principe Alessandro Tasca di Cutò, avvenuta il 17 novembre 1943. Alessandro Tasca, temperamento irrequieto e singolare per svolgere la sua politica socialista riformista, consumò, come si è visto, il suo consistente patrimonio. Dal Professor Onorevole Massimo Ganci, illustre docente di Storia all’Università di Palermo, in una trasmissione radio, è stato definito “personaggio romantico che confina con il grottesco, che pagò in prima persona, che servì la politica e non si servì della politica”.