Monte Genuardo – Itinerario naturalistico Terre Sicane

Fonte www.unionecomuniterresicane.it
A 15 Km dal centro abitato di Sambuca di Sicilia si eleva il Monte Genuardo la cui vetta principale raggiunge i 1180 m. di altezza slm.
Riserva naturale orientata dal 1991 estesa 2.658 ettari, si sviluppa attorno all’altura omonima tra i territori comunali di Sambuca di Sicilia, in provincia di Agrigento e di Contessa Entellina, in provincia di Palermo.

La riserva curata dall’Azienda Foreste Demaniali della Regione Sicilia, è artificiale per l’80%, mentre il restante 20% era già presente sottoforma di macchia mediterranea.
La Flora: Il bosco è un esempio di macchia mediterranea derivante dall’integrazione tra essenze autoctone e specie inserite per il rinfoltimento. La parte del bosco che è stato costituito artificialmente è formato in prevalenza da: Pino Domestico, Pino d’Aleppo, Cipresso (Comune e Arizona), Robinia ed Eucalipto; con riferimento alle specie presenti nella macchia preesistente si segnalano: Leccio, Roverella, Sorbo, Ginestra, Quercia, con un sottobosco formato da: Rovi, Peonie, Mascule, Pungitopo.

La Fauna: In buon numero si segnalano Volpi, seguiti in ordine di diffusione da: Conigli, Lepri e Istrici; si riscontra qualche esemplare di Gatto Selvatico e un sparuto numero di Cinghiali proveniente dal bosco della Ficuzza e recentemente stanziatisi nelle zone più a sud.
Avifauna: La specie stanziale più frequente sembra essere quella della Coturnice Siciliana, un elevata densità viene raggiunta anche dalle Beccacce nel periodo del soggiorno migratorio. Altre specie presenti sono il Merlo Reale e l’Upupa. Si riscontrano anche alcuni rappresentanti della famiglia dei Rapaci: Gheppio e Poiana.
Esistono dei sentieri che conducono fino alla vetta il cui percorso deve essere autorizzato dall’Azienda Foreste Demaniali della Regione Sicilia distaccamento di Sambuca di Sicilia

Tra la flora del monte Genuardo trova posto il Monastero di S. Maria del Bosco.
dal sito..


http://comunedicontessaentellina.it
L’esistenza del  monastero di S. Maria del Bosco, viene fatta risalire al XIII sec. La prima memoria documentata risale al 21 Giugno 1308, data in cui il romitorio ottiene l’autorizzazione ecclesiastica dal vescovo di Agrigento Bertoldo de Labro, il quale il 20 luglio 1308 visita l’eremo concedendo un’indulgenza a coloro che  ne visitassero la chiesa. Sotto la regola benedettina, a partire dalla seconda metà del ‘300, iniziano le fortune, anche economiche, del monastero. Frate Olimpio da Giuliana attesta nella sua relazione molti lasciti, con dovizia di particolari, nel corso degli anni, a favore del monastero.Nel 1433 il Re Alfonso concesse all’abbazia la completa esenzione fiscale. Nel 1491 S. Maria del Bosco fu incorporata da Papa Innocenzo VIII alla congregazione benedettina di Monte Oliveto (benedettini bianchi), come priore fu inviato dall’abate Generale della Congregazione, ad attuare la riforma, Fra Michele da Volterra accompagnato da nove monaci, mentre il vecchio abate Placido Castagneda veniva costituito abate perpetuo, con il privilegio di potere indossare a vita, insieme ad altri due o tre frati l’abito benedettino nero. La nuova chiesa fu terminata nel 1757 come è tradizione, e come si cerca di dimostrare, sui cartoni dell’architetto napoletano Luigi Vanvitelli, autore dell’Albergo dei Poveri di Palermo nonchè del celebre Palazzo Reale di Caserta, in una sala del quale si dice sia dipinta in affresco il monastero e la chiesa del bosco di Calatamauro. La chiesa occupa un’area di mq.2.205,54 è a unica nave con cappelle, a croce latina e con cupola; L’esterno della basilica rimase grezza ad eccezione della facciata principale e del campanile. Questo fu eretto dal 1623 al maggio 1627 per cura ed opera dell’Abate don Vittorio da Napoli. Quanto ai quadri i più importanti sono da considerare quelli di S. Rosalia di Vito d’Anna (1766), la Sacra Famiglia del Postiglione (1856), poi S.Benedetto del Angeletti, la Madonna della Consolazione del Lo Forte, la Madonna di Antonino Manno (1818). Degno di speciale attenzione nella sacrestia, un quadro del fiorentino Filippo Paladino che raffigura S. Francesca Romana  del 1613. Nella sala che mette in comunicazione il chiostro con la chiesa, si poteva ammirare un mausoleo sormontato dall’effigie dell’infantessa Eleonora d’Aragona, attribuita al Laurana (XV sec.). Morendo lei a Giuliana, nel 1405, i monaci le eressero quel monumento illustrato da una epigrafe la quale ricorda alla posterità il suo amore verso il monastero. Il mezzo busto costituisce oggi uno dei pezzi più apprezzati della galleria nazionale di Palazzo Abatellis a Palermo. Con dispaccio reale del 1784 gli olivetani furono espulsi dal monastero in seguito all’ispezione ordinata dal vicerè Caracciolo, e ripartiti fra le sedi siciliane dei benedettini cassinesi. Tolti i benedettini bianchi e fallite le disposizioni del sovrano per conservare chiesa e monastero, in meno di dieci anni questi vennero a deperire. Le popolazioni dei dintorni nel 1794 che con la confisca dei beni del monastero, si vedevano private tra l’altro di un centro di commesse di lavoro ottennero dieci anni dopo da Ferdinando IV che il monastero fosse affidato agli eremiti agostiniani. Il 14 Febbraio 1808, con sovrana risoluzione, venivano riassegnati al monastero nuovamente tutti i feudi che gli appartenevano. Questo ritrovato splendore era però destinato a durar poco, infatti nel 1866 con la legge di soppressione dei monasteri iniziava il suo rapido e definitivo declino. I comuni circonvicini, con petizioni invocavano il real governo che almeno il monumento fosse affidato ad alcuni degli stessi monaci i quali senza dubbio avrebbero avuto un particolare impegno a mantenerlo. Il monastero in buona parte venduto all’asta, alla nobile famiglia Inglese, è divenuto un’importante centro aziendale agricolo, con il vantaggio non indifferente che almeno il monastero viene conservato nelle opere murarie  e nelle coperture . La situazione della chiesa e dell’appartamento abbaziale, affidati invece al fondo culto non è delle migliori. Molti danni si sono susseguiti e la storia più recente è purtroppo una cronaca triste. Gli eventi sismici del 1968 nella Valle del Belice, hanno profondamente provato le strutture della chiesa e la parte di monastero di proprietà ecclesiastica, privi ormai da molto tempo di manutenzione. Ai dissesti dovuti al terremoto si susseguiranno infatti drammatici crolli nel 1970 – 72 e nel 1980 -81.