Storia margheritese – La famiglia Filangeri di Cutò (seconda parte)

stemma filangeri(fonte archives.is) Nel 1667 morì Girolamo Filangeri e gli successe il figlio Alessandro I il quale ricevette in dono dalla cugina Maria Paternò Corbera i feudi Aquila, Ficarazzi e Carcara. Così i feudi in suo possesso furono sei. Nel 1675 ottenne l’investitura del feudo Cutò, portatogli dalla moglie, acquistando così il titolo di Principe di Cutò.

Alessandro I Filangeri ricoprì molte importanti cariche a Palermo e nel 1706 quella di Vicario Generale del Regno, cioè Viceré di Sicilia. A lui si devono l’ampliamento del palazzo baronale e la costruzione a suo fianco della chiesa che in seguito divenne la Chiesa Madre, dedicata a Santa Rosalia; la costruzione della chiesa e del convento dei Padri Riformati, nel sito dove era stata la chiesa di Sant’Andrea, il Monte di Pietà. Nell’ultimo periodo di vita, dopo la morte della moglie, si fece sacerdote ed esercitò il ministero nella chiesa costruita accanto al suo palazzo.

Ad Alessandro I successe il figlio Girolamo II che ebbe vita breve. Quindi ereditò la baronia il di lui figlio Alessandro II il quale realizzò il palazzo Cutò di Via Maqueda a Palermo, ampliò il palazzo baronale di Santa Margherita, costruendovi tutta la parte anteriore con grandi saloni e un teatro, al quale diede il nome di Teatro Sant’Alessandro per onorare la memoria del nonno santamente vissuto. Nell’ampliare il palazzo creò quello che divenne il primo dei tre cortili. Sistemò il grande salone d’ingresso, dove collocò la quadreria. Creò accanto al palazzo il grande giardino con le fontane dalle acque zampillanti. Fece disporre sulle pareti della stanza da pranzo delle grandi tele raffiguranti scene familiari dei principi, tra le quali quella della colazione nel giardino da poco sistemato. Fece ricostruire ampliandolo il Palazzo dei Giudici e dei Giurati. Fece costruire, nel 1750, nel feudo Aquila, il castello della caccia detto “Venaria”. Inoltre fece costruire, di fronte al suo palazzo, una lunga palazzata che attribuì agli abitanti più facoltosi. Durante la sua signoria vennero costruiti il Collegio di Maria e l’Orfanotrofio Maggio ad opera del Sacerdote Francesco Maggio, la chiesa della Madonna di Trapani ad opera del Sacerdote Stefano Crescimanno, inoltre la chiesa di San Michele Arcangelo. Nel 1737 fece elevare a Chiesa Madre la chiesa limitrofa al suo palazzo, facendo alla stessa cospicue donazioni.

Alla morte di Alessandro II nel 1761, gli successe il figlio Girolamo III il quale dedicò la sua vita al servizio militare ed ebbe il comando di un reggimento di cavalleria. Fece raccogliere le acque di una sorgente che scaturiva vicino la chiesa del Purgatorio e la convogliò parte verso la fontane del giardino e verso il bevaio detto “li Cannola” e parte verso il bevaio detto “Canale”.

Suo figlio Alessandro III seguì pure la carriera militare, divenendo Generale all’età di 26 anni. Al Comando della cavalleria Borbonica difese la ritirata degli austriaci, sconfitti da Napoleone Bonaparte nella Campagna d’Italia.

Nel 1796, combattendo a Lodi, fu ferito e fatto prigioniero. Napoleone, ammirato per il valore del Filangeri, lo elogiò, gli restituì la spada e lo mandò libero in Francia, prigioniero sulla parola. Ritornato a Napoli venne insignito da Re Ferdinando dell’Ordine di San Gennaro. Nel 1798 sedò la sommossa degli abitanti di Caltagirone. Tale evento ancora oggi è ricordato con i seguenti versetti: “Lu principi di Cutò fa la liggi a modu sò, cu la spata a strascinuni fici trimari Cartagiruni”. Nel 1805 ricoprì la carica di Luogotenente Capitan Generale della Sicilia, cioè Viceré. La sua immagine si trova dipinta in un grande quadro ad olio posto nel Salone dei Viceré del Palazzo Reale di Palermo. Fu il più importante dei Filangeri del suo ramo. Alle sue onoranze funebri, nel 1806, parteciparono anche il Re Ferdinando e la Regina Maria Carolina.
Nel 1798 Santa Margherita contava 7274 abitanti.
Nel 1806 il Canonico Ludovico Viviano fece restaurare il fabbricato che sorgeva dove era stata la moschea araba, forse divenuta nel 1108 la chiesa di Santa Margarita, andata perduta in seguito allo spopolamento del Misilindino, avvenuto dopo il 1246. Realizzò una nuova chiesa che dedicò a San Calogero. Accanto ad essa fondò a sue spese un ritiro per sacerdoti i quali in mancanza di scuole pubbliche, allora, assieme ai monaci del convento, provvedevano alla istruzione dei giovani del paese.

Nicolò I Filangeri, figlio di Alessandro III, essendo morto senza figli il fratello primogenito Girolamo IV, ereditò la baronia col titolo di Duca e Principe di Cutò. Come il padre ed il nonno intraprese la carriera militare e partecipò alla Campagna del 1798 contro Napoleone. Nel 1811 ospitò nel suo palazzo di Santa Margherita il Re Ferdinando e nel 1812-13, oltre il Re anche la Regina Maria Carolina e il Principe Leopoldo. Da allora il locale dove soggiornò quel principe prese il nome di Salone di Leopoldo. In Santa Margherita allora si svolse una vita splendida. Furono organizzate recite nel teatro, ricevimenti e balli nel palazzo, banchetti sontuosi.

Nicolò I fece costruire al lato nord-est del paese una porta che chiamò “Reale” per l’ingresso che vi avevano fatto i sovrani: oggi Porta Nuova, ma ormai inesistente perché parte demolita nel 1903 e parte distrutta dal sisma del 1968.  Intanto la Regina, su imposizione degli Inglesi dovette partire. Dopodiché arrivarono nel paese alcune migliaia di soldati inglesi, che si fermarono per circa due mesi. Gli abitanti ne ricavarono tanto guadagno per le merci che vendettero alla truppa. Dopo la sconfitta di Napoleone e il rientro a Napoli di Re Ferdinando, Nicolò I ricoprì i più alti incarichi nel regno. Nel 1816 fu Luogotenente Generale del Regno (Viceré di Sicilia) e nel 1825 fu chiamato a Napoli e nominato Maggiordomo Maggiore del Re. La sua immagine è dipinta in un quadro ad olio posto nel Salone dei Viceré di Sicilia del Palazzo Reale di Palermo. Morì nel 1839.Il di lui figlio Alessandro IV, abbandonata la moglie, cominciò a condurre una vita dissipata e frivola, convivendo con l’amante Teresa Merlo Clerici. Nicolò I cercò di farlo riconciliare con la moglie, ma non vi riuscì nemmeno con l’intervento del Re. Fece un estremo tentativo con le sue disposizioni testamentarie, con le quali dispose di lasciare l’usufrutto dei suoi tre feudi Aquila, Ficarazzi e Carcara a suo figlio Alessandro, mentre la proprietà di tali beni doveva andare ai figli che lo stesso avrebbe avuto con la moglie Maddalena Barretta. In mancanza di tali figli i tre feudi, dopo la morte dell’usufruttuario, dovevano andare in proprietà al Comune. L’unico merito attribuibile ad Alessandro IV è la creazione della Villa Comunale, utilizzando circa un chilometro di una Regia Trazzera.Quando nel 1850 morì Maddalena Barretta, moglie di Alessandro IV, questi sposò l’amante Teresa Merlo Clerici dalla quale aveva avuto due figli naturali: Nicolò e Margherita. Dopo il matrimonio nacque Giovanna, la quale, essendo l’unica figlia legittima, divenne erede dei beni lasciati dal nonno Nicolò I, un patrimonio abbastanza consistente.