Mafia, sequestrati beni per 900 mila euro a un estorsore di Santa Margherita di Belice

(1479) DA SICILIAINFORMAZIONI
La Direzione investigativa antimafia (DIA) di Palermo ha sequestrato beni mobili ed immobili per un valore di oltre 900mila euro a Pasquale Ciaccio, 43 anni, già in carcere per associazione mafiosa. Secondo gli inquirenti, Ciaccio avrebbe riscosso il pizzo per conto delle cosca di Santa Margherita Belice (Agrigento). In particolare, Ciaccio avrebbe gestito le estorsioni subite dagli imprenditori che lavoravano nella Valle del Belice. Il provvedimento è stato emesso dal Tribunale di Agrigento su proposta della procura di Palermo, che ha rilevato la sproporzione tra i redditi leciti e le disponibilità economiche del detenuto e gli investimenti e gli acquisti da lui fatti. Pasquale Ciaccio era già stato arrestato nel novembre del ’94 con l’accusa di associazione per delinquere, finalizzata alla commissione di omicidi, estorsioni e danneggiamento.

Il 4 luglio del 2008 era stato coinvolto nell’operazione “Scacco Matto”, condotta dalla Dda di Palermo, che aveva smantellato un’organizzazione mafiosa che gestiva appalti di opere pubbliche nel settore edile e turistico – alberghiero, nonché il controllo della fornitura di calcestruzzo, mezzi e manodopera specializzata nella Valle del Belice. A Ciaccio era stato contestato, in particolare, di avere svolto funzioni di raccordo fra gli affiliati ai clan e di avere curato le estorsioni e la “messa a posto” delle imprese che operavano nel comprensorio. Insieme al boss Calogero Rizzuto, ora collaboratore di giustizia, avrebbe costretto tra l’altro, il titolare di una impresa edile, che stava eseguendo la manutenzione delle strade a Santa Margherita di Belice, a pagare il “pizzo”. Avrebbe inoltre mantenuto stretti contatti con il capo mandamento del Belice Gino Guzzo, collegato al capo provinciale di Cosa Nostra Giuseppe Falsone, arrestato a Marsiglia il 25 giugno scorso e già estradato in Italia. Numerose intercettazioni ambientali, infine, confermano il ruolo di Pasquale Ciaccio come “collettore” delle estorsioni nei confronti di imprenditori edili e fornitori di materiali che operavano nella Valle del Belice.

1 commento

  1. dalla rivista GRANDANGOLO

    La Direzione Investigativa Antimafia di Palermo, nell’ambito delle attività finalizzate all’aggressione dei patrimoni mafiosi, ha sequestrato, ai sensi della legislazione antimafia, beni mobili ed immobili per un valore di oltre 900.000 euro a Pasquale CIACCIO, quarantatreenne, pastore di Santa Margherita Belice, attualmente detenuto, nonché ad altri componenti del suo nucleo familiare.
    Il provvedimento è stato emesso dal Tribunale di Agrigento, su proposta avanzata dal Procuratore della Repubblica – Dipartimento di Criminalità Economica –  sulla base di indagini bancarie-patrimoniali esperite dalla D.I.A., diretta dal Generale di divisione dei Carabinieri Antonio GIRONE.
    Il Tribunale, facendo proprie le investigazioni condotte, ha motivato il sequestro rilevando la mafiosità, accertata in copiosi atti processuali, del soggetto proposto, e la sperequazione tra il valore dei beni posseduti e/o dei redditi dichiarati e l’attività svolta.
    Il CIACCIO è stato ritenuto un personaggio di fondamentale importanza nel sodalizio mafioso del Belice, stabilmente inserito all’interno dell’organizzazione criminale “cosa nostra”.
    Già il 15.05.1994 era stato oggetto di accertamenti, a seguito del ritrovamento, nel suo fondo di Sambuca di Sicilia, all’interno di un casolare, di armi, cartucce e polvere da sparo.
    Il primo consistente pregiudizio penale del CIACCIO risale all’8.11.1994, allorché in esecuzione dell’O.C.C.C. emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Sciacca, veniva tratto in arresto, unitamente  ad altri pericolosi soggetti, perchè ritenuti responsabili di associazione per delinquere, finalizzata alla commissione di omicidi, estorsioni, danneggiamento ed altro.

    Il 4.07.2008, unitamente ad altri soggetti, veniva tratto in arresto in esecuzione dell’O.C.C.C – operazione “Scacco Matto” – richiesta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, in quanto ritenuti responsabili del reato di associazione di stampo mafioso (“cosa nostra”) finalizzata ad acquisire la diretta gestione di attività economiche ed appalti di opere pubbliche nel settore edile e turistico-alberghiero, il controllo della fornitura di calcestruzzo, automezzi e manodopera specializzata.  L’attività d’indagine aveva scompaginato le famiglie mafiose di Sciacca, Menfi, Santa Margherita Belice, Montevago, Sambuca di Sicilia, Burgio, Lucca Sicula, Villafranca Sicula e il mandamento di Ribera.
    Al CIACCIO era stato contestato di aver partecipato al citato sodalizio criminoso, in particolare di avere svolto funzioni di raccordo fra gli associati e di  gestione delle  attività di estorsione e “messa a posto” delle imprese operanti in quel comprensorio. Nella veste di ideatore e mandante, unitamente a RIZZUTO Calogero, già vice capo mandamento del Belice ed ora collaboratore di giustizia, aveva costretto, tra l’altro, il titolare di una impresa edile, che stava eseguendo la manutenzione delle strade e delle opere annesse in S. Margherita di Belice, a consegnare loro una somma di denaro e a stipulare un contratto di nolo a freddo di macchinari e/o mezzi con una ditta individuale a loro vicina.
    Allo stesso sono stati, altresì, riconosciuti stretti, continui contatti con il capo mandamento del Belice Gino GUZZO, direttamente collegato al capo provinciale FALSONE Giuseppe (arrestato a Marsiglia il 25 giugno u.s.) e con soggetti operanti al di fuori della provincia di Agrigento. Infatti il GUZZO è stato l’unico “uomo d’onore” accreditato a recarsi in Castelvetrano per incontrare Filippo GUTTADAURO – cognato del noto latitante Matteo MESSINA DENARO e fratello del medico, boss di Brancaccio, Giuseppe – in ordine ad alcune “messe a posto” infra-provinciali. Per tali vicende, GUZZO è stato condannato il 18.02.2010, con il rito abbreviato, ad anni  21  e mesi 2 di reclusione.
    Numerose conversazioni ambientali raffigurano il CIACCIO, inconfutabilmente, come colui il quale aveva l’incarico di collettore delle estorsioni a danno di tutti quegli imprenditori edili, nonché fornitori di materiali, che operavano nel territorio belicino.
    La Procura della Repubblica di Palermo ha rilevato che gli investimenti e gli acquisti operati dal proposto non hanno trovato alcuna giustificazione nelle modeste disponibilità finanziarie del predetto, ritenendole, per la loro natura, frutto o reimpiego delle attività illecite della consorteria mafiosa operante nel territorio di Santa Margherita Belice.

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