La rabbia Belìcina nell’immediato post terremoto

2Riportiamo alcuni articoli dell’immediato post terremoto del Belìce…….. 1969: Governo fuorilegge Duemila persone si sono riunite a Partanna il l0 giugno 1969 per denunciare gli enti pubblici e privati incaricati della ricostruzione e per rivolgere al governo un ultimatum. Ecco il cammino che dovrebbe fare il progetto di casa con la richiesta di finanziamento: privato / comune / genio civile / ispettorato per la zona terremotata / ragioneria generale dello stato / corte dei conti / ufficio del tesoro / comune / privato. Un cammino da ripetere tre volte: la prima per l’approvazione, la seconda per il primo 40% dei contributi, la terza per il secondo 40%, e eventualmente la quarta per il restante 20%! Hanno calcolato che di questo passo ci vorrebbero 200 anni per ricostruire le case. Se insieme ai nuovi centri non sorgeranno le industrie edilizie, la ricostruzione sarà un disastro maggiore del terremoto: si è calcolato che l’85% dei 180 miliardi andrebbero alle industrie del nord per le imprese costruttrici, i macchinari, i materiali e la mano d’opera specializzata. Analogo discorso vale per l’agricoltura: se manca un piano di sviluppo le case nuove rimarranno vuote: 20 mila operai dovranno lasciare la zona. La popolazione chiede una drastica riduzione dei tempi di ricostruzione, l’immediata realizzazione dell’urbanizzazione primaria e lo snellimento della trafila burocratica dei progetti e contributi. Dalla “Risoluzione finale” 1) Non è possibile un reale decollo economico facendo leva sulla sola agricoltura 2) una “città-territorio” il cui destino sia unicamente agricolo equivale a un’esercitazione di urbanistica di tipo coloniale (in Sicilia ci si è già provato l’ente di colonizzazione fascista e l’ERAS) 3) un piano urbanistico vuoto di sviluppo economico è una dannosa esercitazione accademica dei parassiti sulla pelle della povera gente 4) la logica secondo cui non si può creare industrie nella nostra zona va rotta: se non si vuole la morte del Belice occorrono industrie 5) l’assenza del piano di sviluppo CIPE fa girare a vuoto la programmazione urbanistica 6) mentre esperti accademici impegnano la loro scienza urbanistica e architettonica in acute polemiche, il triangolo industriale vuole che la ricostruzione duri centinaia di anni. Siano fissati esattamente per ogni ente che interviene tempi, iter, risorse finanziarie, risorse tecniche, responsabilità e sanzioni, secondo il metodo della programmazione controllata dal basso che consenta una effettiva partecipazione della popolazione alla ricostruzione dei paesi e della loro economia. OVE NON SI PROVVEDA A ESAURIRE LE RICHIESTE DELLA PRESENTE RISOLUZIONE, LA POPOLAZIONE DEL BELICE SI METTE IN STATO DI AGITAZIONE. Assemblea popolare di Partanna (26-10-1969) 1) Il paese, per la parte rimasta in piedi è una pericolosa trappola 2) si rende colpevole di assassinio nei confronti della popolazione chiunque ritardi la ricostruzione, ogni responsabile pubblico che si lasci corrompere o che cerchi di corrompere, chiunque cerchi di creare sfiducia e disunione chiunque proponga equivoci diversivi rispetto alla delibera del consiglio comunale 3) l’ing. ispettore per la zona terremotata ha bloccato per tre mesi il piano di trasferimento al Camarro da lui stesso proposto in aprile e approvato dal consiglio comunale il 26-7-1969. L’assemblea lo invita a dare esecuzione immediata al piano di trasferimento, escludendo la politica del rattoppo. Lo stato si è messo fuorilegge La popolazione di Partanna decide di non pagare più tasse di luce, acqua, radio, televisione, e tasse a carico degli artigiani e commercianti. Decide di organizzarsi con gli altri comuni del Belice per agire permanentemente contro il governo, fino a quando non saranno realizzate le case, le dighe, e le industrie. Nel marzo del 1968, con la marcia a Roma, i terremotati hanno ottenuto dal Parlamento una legge che ha stabilito: 1) che la ricostruzione doveva essere avviata nel 1968 e finita nel 1971; 2) che il piano di sviluppo economico doveva essere pronto entro il 31 dicembre 1968. IL GOVERNO NON HA RISPETTATO QUESTA LEGGE, HA LASCIATO LA POPOLAZIONE NELLE BARACCHE, SENZA CASA, SENZA LAVORO, SENZA PROSPETTIVE Il Governo si è messo fuori legge La popolazione di Partanna, S. Margherita, Roccamena, Gibellina ha deciso di non pagare più tasse, compresa luce, acqua, radio e televisione, fino a quando lo Stato non realizzare la ricostruzione, le dighe, le industrie. La stessa decisione stanno prendendo le popolazioni di Montevago, Salaparuta, Poggioreale, Camporeale, Menfi, Sambuca di Sicilia, Contessa Entellina, Salemi, Vita, Castelvetrano, e Campobello di Mazara. LA POPOLAZIONE DELLA VALLE DEL BELICE SI STA PREPARANDO A FAR CONOSCERE A TUTTA L’ITALIA E ALL’OPINIONE PUBBLICA INTERNAZIONALE LE PROPRIE GIUSTE RICHIESTE E LE GRAVI RESPONSABILITA’ DEL GOVERNO FUORI LEGGE FAC-SIMILE DEL MANIFESTO CONCLUSIVO DELLE ASSEMBLEE POPOLARI DELLA VALLE DEL BELICE. A Giuseppe Saragat, presidente della repubblica Le ricordiamo che il governo della Repubblica Italiana si è messo fuorilegge. I terremotati a Roma avevano ottenuto una legge per l’avvio della ricostruzione nel ’68 e il completamento nel ’71, e per un piano di sviluppo entro il 31-12-1968. Siamo alla fine del ’69 ma nessuna famiglia sa dove far sorgere la propria casa. Il piano di sviluppo non si vede nemmeno all’orizzonte. Siamo senza casa, senza lavoro, senza prospettive, relegati nelle baraccopoli che sono campi di concentramento. I sottoscritti, unitamente al resto della popolazione, hanno deciso che non pagheranno più luce, acqua, radio e televisione. Per la popolazione: 5.000 firme. Al presidente della Rai-Tv La radio e la televisione si sono occupate di noi solo nel momento in cui tutti erano pietosi e commossi e davano un obolo per i terremotati. Ma oggi non si occupano di spiegare che nel Belice non ? stata collocata una sola pietra e non è stato creato un solo posto di lavoro. La Rai-Tv non parla mai delle lotte popolari che si muovono continuamente dal Belice, delle nostre richieste e proposte. Non dice nemmeno che 4 miliardi raccolti dalla stessa Rai-Tv giacciono chissà in quale banca, chissà a vantaggio di chi. La Rai-Tv non dice che il governo è fuorilegge, non dice di essere complice contro i 200.000 abitanti del Belice. I sottoscritti, espressione della volontà generale della zona terremotata, hanno deciso di non pagare tasse di radio e televisione. Riteniamo doveroso da parte sua di far trasmettere questa comunicazione e di risponderci attraverso lo stesso mezzo. Per la popolazione: 5.000 firme. Avviso di non pagamento della luce L’assemblea popolare del 13-10-1969 decide che S. Margherita Belice non pagherà luce fino a quando lo stato non assolverà gli impegni presi, in particolare fino a quando non sarà ricostruito il paese. L’assemblea popolare del 19-10-1969 ha riconfermato la decisione di non pagare la luce, precisando che l’impegno vale per tutti i cittadini. Chiunque riceverà avvisi di pagamento o si vedrà arrivare l’esattore in baracca o in casa, sa che non deve pagare. Firmato: Il comitato popolare di S. Margherita Belice. Dicembre 1969 – I promotori delle pressioni del 6 e 7 dicembre hanno inviato ai responsabili pubblici la lettera che segue: “Partanna 25-11-1969. Le cause della lentezza e dei rinvii non possono essere la burocrazia, né l’incapacità organizzativa dello stato e della regione. Esistono ostacoli strutturali, rinforzati dal continuo sopraggiungere di fatti congiunturali che possono essere rimossi solo da una ferma volontà politica delle forze che reggono la cosa pubblica. Riteniamo indispensabile che prima del 2° anniversario del terremoto prendano corpo fatti tangibili. “E’ a nome dei 200.000 cittadini del Belice che la invitiamo per domenica 7 dicembre nella piazza della distrutta S. Ninfa, dove la popolazione dei comuni terremotati sarà riunita. Ad essa direttamente potrà comunicare scadenze e impegni del suo ministero. “Per un ministro non è facile perdere una giornata nella zona terremotata, ma la popolazione sa di mettere alla prova la volontà delle forze governative per arrestare la devastazione della Sicilia e del meridione. La sua assenza confermerebbe la volontà negativa che il governo è stato dichiarato fuorilegge. “Firmato: il comitato intercomunale.” …Il solito rosario L’ENI: “Nell’impossibilità… per inderogabili impegni precedentemente assunti auguro migliore successo per auspicare sviluppo…” L’IRI (per telefono): “Presidente impegnato precedenti inderogabili impegni…” L’EFIM: “…Spiacente che impegni precedentemente assunti…” Il ministro dell’industria: “Spiacente non poter intervenire causa precedenti impegni pregovi farmi pervenire… L’assessore regionale allo sviluppo economico: “Impossibilitato… assicuro…” L’assessore regionale all’industria: “Vivamente rammaricato… assicuro…” Il presidente dell’ESA: “Precedenti impegni…” Il genio civile di Trapani: “Spiacente…” Tutti questi impossibilitati e spiacenti. Il ministro dei lavori pubblici è il maggior responsabile per la non avviata ricostruzione: non ha nemmeno fatto un telegramma. Il suo “proconsole” ing. Corona, inviato in Sicilia per frenare la ricostruzione, non si è presentato; ha fatto nella zona più confusione che progetti. L’ISES incaricato per la progettazione non ha mandato nessuno, la GESCAL che ha sottratto alla zona terremotata 14 miliardi e altri 26 alla Sicilia non ha trovato il tempo di spiegare la propria posizione di asservimento alle grandi industrie del nord. Nemmeno i capi del genio civile delle tre province hanno trovato il tempo di spiegarsi davanti alla gente: per quanto dipende da loro la ricostruzione può benissimo durare 200 anni. Di tutti coloro che hanno pubbliche responsabilità per la ricostruzione nessuno ha risposto all’appello: sono tutti complici, hanno tutti la coscienza sporca. Franco Maria Malfatti, ministro delle partecipazioni statali, continua a ignorare non solo la legge ma anche il richiamo all’osservanza dei suoi compiti. Caron, ministro del bilancio, pare che sia pagato per ignorare ogni iniziativa di pianificazione democratica. Verzotto, presidente dell’EMS e Rodine, commissario ESPI devono avere le idee confuse se non hanno potuto fare un’ora di macchina per dire quali sono i loro programmi. Donat Cattin, ministro del lavoro, tutto occupato con la vertenza dei metalmeccanici,· si lascia assorbire talmente dalle vertenze degli sfruttati dalla grande industria che non trova il tempo di elaborare una politica per la piena occupazione nel mezzogiorno. Fasino, presidente della regione, impegnatissimo a tenere a galla la sua carcassa di governo e non ha testa per i terremotati. L’industria di cui si occupa ? il sottogoverno, lo sviluppo del galoppinaggio e l’artificiale aumento del personale negli uffici regionali. Taviani, ministro della cassa per il mezzogiorno, ha passato la mano al presidente della cassa, Pescatore, il quale ha passato la mano a Frazzitta, capo dell’ufficio di coordinamento con la regione siciliana della cassa per il mezzogiorno. Colombo, ministro del tesoro, ricevuto l’invito ? sceso in Sicilia, ma si è limitato a confabulare con gli amici di partito a Palermo. ? lui che butta fuori dalla Sicilia e dal meridione milioni di lavoratori. S. Ninfa, 7-12-69 La gente è arrivata a S. Ninfa con camion, pulman, moto e furgoni da tutti i paesi. Ogni strada tra le rovine di Santa Ninfa brulica di uomini e automezzi: piove a dirotto. Le trombe dei camion suonano in coro. Alcuni propongono di andare al grande baraccone di Genco dove possono entrare 3 o 4.000 persone, altri vorrebbero che le autorità venissero nel vecchio paese a prendersi acqua e vento; altri però dicono che certamente i ministri non verranno e ci lasceranno marcire nella pioggia. Tutti al capannone Genco, migliaia e migliaia dentro, stretti come sarde, a sperare con rabbia che qualche autorità si faccia viva. Uno al microfono comincia a chiamare l’appello secondo il programma: silenzio totale. “Onorevole Mangione!” Silenzio. Una voce dalla sala: “è arrivato un telegramma!.” Il capannone esplode in un boato di biasimo. “Onorevole Natali!” La gente si guarda attorno sperando che da qualche angolo venga fuori il ministro dei lavori pubblici. Nuova esplosione d’indignazione. “Onorevole Malfatti!” e la litania continua tra le crescenti proteste di parlamentari, preti e sindacalisti: “Basta con l’appello, che i rappresentanti pubblici presenti si facciano avanti!” Impauriti si fanno avanti il commissario e il direttore del consorzio di bonifica dell’alto e medio Belice, il responsabile per la cassa del mezzogiorno in Sicilia, i 3 ispettori provinciali dell’agricoltura e il segretario provinciale della DC di Trapani. La gente non vuole dialogare: “Fate venire i vostri padroni… vi fanno fare i sicari… vogliamo incontrarci con i mandanti.” Nessun altro funzionario ha il coraggio di uscire dalla folla. Grandi cartelli dicono: “Non case al nord ma posti di lavoro al sud”, “Governo fuorilegge” e “Non si pagano più tasse.” Le scritte dei cartelli diventano un coro. Il segretario della DC di Trapani interviene per condannare i ministri del suo partito, dice che ? pronto a strappare la tessera se il governo non risponderà alle richieste della popolazione. Nessuno lo prende sul serio dal momento che fin dal ’66 cerca di vanificare le capacità di analisi e di pressione della zona. Viene interrotto e messo a tacere. Discussione popolare: interventi al microfono e dalla sala. Conclusioni: 1) le sorti della popolazione sono in mano a uomini fuorilegge 2) la popolazione non pagherà più tasse, e nei paesi sarà organizzata la raccolta delle bollette 3) è necessario rendere permanente la pressione popolare e inventare nuove forme di lotta capaci di bloccare i maggiori centri di potere politico e economico. 4) a Natale gruppi si trasferiranno dalla Valle del Belice a Milano, Torino, Genova, Bologna, Firenze e Roma, per portare un messaggio delle popolazioni terremotate. Messaggio di Natale delle popolazioni terremotate agli operai, contadini, tecnici, burocrati, e politici. Non si ha il diritto di stare in pace mentre nel mondo si muore di ingiustizia, di guerre, di torture e di sfruttamento. Nel meridione d’Italia due milioni di famiglie sono rotte dall’emigrazione. Ogni famiglia spezzata è un delitto. A due anni dal terremoto, delle 50.000 famiglie ‘colpite, 25.000 vivono nelle baracche in disfacimento e altre 25.000 in case pericolanti. Non è stata erogata una lira di contributi per la ricostruzione, non è stata consentita la progettazione di una sola casa, non è stata indicata a una sola famiglia l’area dove ricostruire. Il governo si è messo fuorilegge nei confronti della zona terremotata. E’ solo nel Belice che il governo non ha rispettato scadenze e impegni imposti dalla legge? Tutto il meridione è devastato dall’emigrazione forzata, dal rastrellamento dei prodotti agricoli, dall’imposizione dei prodotti industriali del nord, dal rastrellamento di ogni risorsa finanziaria tramite banche e case assicuratrici, dalla distruzione delle attività produttive extra-agricole. Il governo non rende migliore servizio al nord quando consente che le strutture produttive si concentrino in poche città che si congestionano, si intossicano, attirano milioni di contadini rimasti senza lavoro al sud. Lo congestione dei tessuti produttivi al nord provoca il disfacimento dei deboli tessuti produttivi al sud; quindi sempre maggiore emigrazione dal sud al nord; i costi al nord si fanno sempre più insostenibili provocando lotte per l’aumento dei salari; carenze di servizi, e quindi lotte per maggiori investimenti pubblici nei servizi del nord; l’aumento dei servizi chiama ancora immigrazione dal sud; quindi più congestione, ulteriore aumento dei costi e via di seguito. Se lo stato è costretto ad investire al nord, non investe al sud. Il denaro che non si investe nel Belice e nel meridione va nelle mani delle grandi industrie del nord. Non creare le case e i posti di lavoro necessari al Belice (e al meridione) significa costringere la popolazione a trasferirsi al nord, spesso in altre baracche, dato che le case non bastano. La lotta che il sud comincia per il massimo d’investimenti produttivi e posti di lavoro, ? la lotta che l’operaio del nord deve condurre per avere i servizi a basso costo, per evitare l’intossicazione delle città, per evitare la massiccia immigrazione che indebolisce la forza degli operai del nord e la vitalità economica, politica e culturale al sud. LA POPOLAZIONE TERREMOTATA DELLA SICILIA OCCIDENTALE SA CHE NON POTRA’ MAI LIBERARSI DA SOLA. E’ NECESSARIO CHE DAL NORD E DAL SUD SI CREI UN FRONTE COMUNE DI LOTTA CONTRO LA MACCHINA ASSASSINA CHE DEVASTA GLI UOMINI IN NOME DEL PROFITTO.