La memoria condivisa non passa per la salvaguardia dei Ruderi di S.Margherita

di Francesco Sciara
Il totale stato di abbandono dei Ruderi degli antichi quartieri di San Vito e di San Calogero è il segno tangibile che la città del Cafè House sta diventando un paese smemorato. Come conferma il profondo oblio in cui sono cadute le testimonianze del passato rappresentate dal Museo della Memoria, dai Ruderi dei quartieri San Vito e San Calogero, dalla chiesa della Madonna delle Grazie, prima Matrice del piccolo centro belicino, e da alcuni monumenti simbolo di S. Margherita di Belìce.

Il Museo della Memoria è stato realizzato, nel 2007, all’interno dell’ex Chiesa Madre, per essere un autentico sacrario della memoria legata al terremoto. Uno scrigno dove sono custodite numerose e intense testimonianze fotografiche, documentazione video, riviste, giornali e pannelli espositivi che costituiscono un perenne e vivo ricordo di Santa Margherita di Belice e di altri centri della Valle del Belice prima, durante e subito dopo il sisma del 15 gennaio 1968.

Il Museo della Memoria (che una improvvida targhetta, prima di essere rimossa,  aveva rinominato “Museo del Belice”) narra e ricorda, soprattutto alle nuove generazioni, il dramma di un territorio a seguito del sisma del ‘68.

Un luogo dove è custodito il ricordo di intere generazioni che hanno vissuto il dolore di quei tristi e tremendi giorni. Ma, negli ultimi anni, il Museo della Memoria ha subito un lento e costante declino. E’ rimasto spesso chiuso e poco attenzionato.

Si è passati da una memoria viva a una  “memoria storica” che nulla commemora e nulla racconta.  Dopo l’articolo pubblicato su L’Araldo (n.  02/03 di febbraio/marzo 2010, pag. 3) dal titolo “Se Santa Margherita di Belice perde la memoria”,  il Museo della Memoria è stato arricchito di altre testimonianze fotografiche e di altro materiale. L’Amministrazione Santoro ha preso spunto da questo articolo, anche se si è guardata bene dall’ammetterlo, per inaugurare, il 7 agosto 2010, la Mostra documentaria permanente “Le operazioni di soccorso della 13^ Legione della Guardia di Finanza nella Valle del Belìce durante gli eventi sismici del 1968”.

Successivamente, in occasione del 400° anniversario della fondazione di Santa Margherita di Belìce, il Museo della Memoria è stato arricchito di materiale donato da cittadini margheritesi. Iniziative positive. Che sono state vanificate dalla persistente chiusura del Museo della memoria. Soprattutto nei giorni festivi. Mentre in altre occasione le iniziative organizzate dall’Amministrazione Santoro all’interno del Museo non c’ entravano niente con la peculiarità dello spazio museale dedicato alla Memoria del terremoto. Anzi, spesso i pannelli espositivi sono state ricoperti con drappi rossi, carta da imballaggio per poterci collocare quadri, cartoline di rassegne umoristiche e quant’altro.

Ecco cosa era riportato nell’articolo de L’Araldo di febbraio/marzo 2010.

“Una interessante iniziativa  è stata organizzata a Gibellina dove è stata allestita la mostra fotografica: “Le operazioni di soccorso della Guardia di Finanza nella Valle del Belice, gennaio 1968”. Al Baglio di Stefano sono state esposte numerose foto scattate, subito dopo il terremoto, dai militari della Guardia di Finanza e raccolte per paesi: Santa Ninfa, Gibellina, Montevago, Santa Margherita di Belice. Scatti, in bianco e nero, catalogati in appendice al verbale, del 26 gennaio 1968, che racconta minuziosamente l’operato dei militari delle Fiamme Gialle nell’ambito delle operazioni di soccorso alle popolazioni terremotate. Un manoscritto ormai ingiallito rimasto conservato, per 42 anni, negli archivi del Comando della Guardia di Finanza di Palermo, e rinvenuto dopo un’operazione di trasloco. Per iniziativa della Guardia di Finanza, dell’amministrazione comunale di Gibellina e della Fondazione Orestiadi, queste interessanti testimonianze storiche sono state rese fruibili. Due intere pagine del Giornale di Sicilia, di sabato 16 gennaio, sono state dedicate all’argomento”.

Sempre restando in tema di memoria, nulla si continua a vedere in merito al recupero, alla valorizzazione, alla messa in sicurezza e alla fruizione degli antichi quartieri di San Vito e San Calogero.

Questi  Ruderi, o quel che resta di loro, costituiscono un autentico museo a cielo aperto che ricorda il contesto urbano della vecchia Santa Margherita di Belice.

Un contesto urbano che si è perso, dal punto di vista architettonico, nella costruzione del nuovo paese.

Sul recupero dei quartieri di San Vito e San Calogero si sono spesi fiumi di parole, organizzati convegni e  fatti progetti. Ma la triste realtà si presenta con il continuo e costante degrado, con continui e pericolosi smottamenti e ulteriori crolli delle vecchie case, il disinteresse e l’abbandono delle rovine di antiche chiese e monumenti, la trascuratezza della via Calvario che costeggia i due quartieri fino al Belvedere, dove è posta la Croce, che presenta una ringhiera, in parte, divelta.

Questo accade nel paese del Cafè House.  Mentre, a  Poggioreale i Ruderi del vecchio centro spesso diventano set cinematografici  per  film e documentari curati da famosi registi.  E c’è grande sensibilizzazione e interesse per  il recupero del campanile crollato dell’ex Chiesa Madre e per recuperare l’area della vecchio centro di Poggioreale.

Il Comune di Poggioreale  ha richiesto e ottenuto  i finanziamenti, ad iniziare da circa centomila euro concessi dalla Regione, e ha posto le premesse per un  celere recupero del campanile. Il tutto nel contesto più generale che vuole la valorizzazione dei ruderi del vecchio centro.

In maniera analoga, a Montevago, si valuta la possibilità di ricostruire l’ex Chiesa Madre e ridare vita al vecchio centro. Intanto,  i resti dell’ex Matrice si possono raggiungere percorrendo una strada pavimentata dove sono stati collocati sedili, pali dell’illuminazione e cartelli segnaletici. Uno luogo che ha potuto ospitare migliaia di giovani in occasione del “Giovaninfesta 2008”.

A Gibellina si stanno cercando finanziamenti per riparare i danni di alcuni cedimenti e vistose crepe apertesi nel famoso Cretto di Burri, il sudario di cemento armato che ha inglobato le macerie del vecchio centro.

A Salemi, dopo l’iniziativa ideata dall’ex sindaco Vittorio Sgarbi, si vuole ridare vita al centro storico attraverso la vendita delle case al prezzo di un euro.

Certo, anche in questi paesi ci sono state, e continuano ad esserci,  lentezze e ritardi in merito al recupero dei vecchi centri storici e dei principali monumenti. Ma, almeno qualcosa si tenta di fare, di smuovere.

A Santa Margherita di Belice, invece si è in attesa, ormai da tempo, di un segnale concreto in merito al recupero e alla salvaguardia del tempietto del Cafè House e al recupero dei Ruderi del vecchio centro.

Il monumento simbolo del centro belicino, ancora prima del Gattopardo, collocato nella Villa Comunale ed è oggetto di un costante e inesorabile cedimento strutturale. Che rischia di farlo crollare da un momento all’altro. Da più di due anni, dopo incessanti segnalazioni di cittadini e articoli sui giornali, è stato ottenuto un finanziamento della Regione Siciliana di circa 150 mila euro.  Giungono voci che l’incarico per il progetto di recupero del Cafè House è stato affidato ad un tecnico di Sciacca. Bene auspichiamo che si faccia in fretta. Che inizino subito i lavori. Che si faccia un recupero serio e scrupoloso. Perché il Cafè House è, assieme al Gattopardo, il principale simbolo di Santa Margherita di Belìce. E sta tanto a cuore ai margheritesi sia che essi risiedano nel paese natìo e sia che risultino emigrati in ogni parte del mondo. E’ il simbolo del circolo dei margheritesi d’America.

Presente e futuro non possono prescindere dal guardare al passato. In tal senso riportiamo una frase di Jacques Le Goff: “La memoria, alla quale attinge la storia, che a sua volta la alimenta, mira a salvare il passato soltanto per servire al presente e al futuro. Si deve fare in modo che la memoria collettiva serva alla liberazione, e non all’asservimento, degli uomini”. Una frase più che mai valida e attuale anche nel paese del Gattopardo che sta diventando un  paese smemorato. E non solo a causa del terremoto del 15 gennaio 1968.