Consorzio CAMPO e Slow Food custodi Dieta Mediterranea

(1947)  Ci scrive Melchiorre Ferraro per aggiornarci dell’incontro di Altamura (Puglia)

28 marzo 2011 – Come puo’ essere sostenibile per la nostra salute la dieta mediterranea basata sui cereali? Si puo’ difendere quel regime alimentare povero dell’ entroterra meridionale, basato su carboidrati come pasta e pane senza intossicare i nostri figli? Come ovviare al concetto  di commodities per favorire quello di cibo? Quali iniziative politiche si rendono necessarie?  A queste domande hanno tentato di dare una risposta i vari relatori che si sono confrontati nell’ affollato convegno nazionale “Dieta Mediterranea e Salute Alimentare” organizzato da Slow Food su temi sollevati dal Consorzio Campo e moderato dal Presidente Prof. Pepe, tenutosi ad Altamura il 25 marzo, cui erano presenti molti agricoltori provenienti dalla Puglia, Sicilia, Basilicata e Molise. La Dieta Mediterranea – ha fatto notare la dott.ssa Cinzia Scaffidi Centro Studi Slow Food Italia, dopo l’ introduzione del dr Poligneri – rappresenta un insieme di competenze, conoscenze, pratiche e tradizioni che vanno dal paesaggio alla tavola, e, in particolare, il consumo di cibo, sempre in rispetto delle tradizioni di ogni comunità. Un cibo che non sia commodities, che rispetti il territorio e la biodiversità e che garantisca la conservazione e lo sviluppo delle attività tradizionali e dei mestieri collegati. Tuttavia questo modello alimentare appare minacciato e rischia di non essere sinonimo di benessere e longevità. Allo stato attuale – ha affermato il Dr Andrea Di Benedetto, presidente del Consorzio Campo – la Dieta Mediterranea non rispetta le materie prime tipiche di ogni comunità. Nei porti del sud ancora oggi si documentano scarichi di milioni di tonnellate di grano estero, compreso grano scadente di 4°-5° categoria normalmente quotato nelle borse merci “per altri usi”, con probabili tenori di micotossine e metalli pesanti, tali da renderlo inutilizzabile al consumo umano. Dove vanno a finire i grani “per altri usi” visto che hanno un prezzo molto simile al grano duro “ad uso umano”?

Le importazioni di quei cereali nel nostro territorio  non solo pregiudicano il gusto e la qualità salutistica delle nostre produzioni di pane e pasta soprattutto della prima infanzia, ma trascurano colpevolmente un recente progetto del Ministero delle Politiche Agricole (MICOCER 2006-2008), che ha definitivamente sancito la superiorità dei grani del sud in ordine a residui di micotossina DON, rispetto a quelli del Nord Italia (clima secco contro clima umido e piovigginoso) nonche’ rispetto ai grani duri esteri importati da paesi siti a nord del 41° parallelo (Francia, USA, Canadà, ecc). L’assunto dei grandi semolieri  che il grano duro nazionale non basti a soddisfare il fabbisogno dell’industria pastaia per le crescenti esportazioni, e’ infondato; noi del Consorzio CAMPO rispondiamo che non si può costringere gli agricoltori nazionali a produrre senza remunerazione, stante la concorrenza scorretta esercitata da un grano che sembra uguale nella forma ma che patisce di problemi tossicologici, spesso misconosciuti alle famiglie. Noi riteniamo che la prevenzione e l’educazione alimentare sono il più grande investimento e l’unica reale attività di controllo possibile per la sostenibilità delle produzioni agro-alimentari locali, che potrebbero rappresentare una occasione di rilancio della economia, sopratutto se sorrette dalle competenze delle Università locali e dei centri di Ricerca del CNR. Questi centri non dovrebbero occuparsi solo dell’abbattimento del DON con l’Ozono, visto che i grani del sud hanno valori di DON del tutto trascurabili, mentre ordinariamente si affannano a lenire i problemi tossicologici delle materie prime importate, dai grandi gruppi multinazionali, trascurando e snobbando le esigenze delle produzioni locali. Il rischio per i consumatori legato alla contaminazione da micotossine – ha aggiunto Di Benedetto – non è da sottovalutare e ha determinato la decisione dell’ Unione Europea di fissare limiti massimi di presenza di micotossine che sono sensibilmente piu’ alti del resto del mondo, pertanto, vanno abbassati.

Lo stato nutrizionale contribuisce alla qualità della vita di ogni individuo e l’alimentazione – ha ribadito il dr Grasselli presidente S.I.Me.Ve.P – costituisce un importante fattore di rischio per numerose patologie. Occorre distinguere la qualita’ nutrizionale da quella che garantisce una certa sicurezza alimentare. Dopo il saluto del presidente della Commissione Agricoltura UE Prof Paolo De Castro che dovra’ impegnarsi ad abbassare i limiti europei di micotossine nel grano e nella pasta a tutela della salute dei consumatori e dell’ economia agricola, l’ On Pittella, Vice Presidente del Parlamento Ue ha rivolto i suoi auguri in videoconferenza. Infine e’ intervenuto l’ Assessore regionale Stefàno che ha sottolineato come non può esserci vittoria della qualita’ se non c’e’ tutela della salubrita’ e tipicita’. Secondo Saverio De Bonis, vice presidente del Consorzio Campo, urge una petizione al Parlamento europeo sulla revisione dei limiti, e’ necessario riportare in Conferenza Stato-Regioni il problema, ma e’ anche opportuno che le regioni recepiscano le linee di indirizzo nazionale per introdurre prodotti bio nella ristorazione collettiva, affinché nelle nostre mense i bambini possano mangiare una pasta salubre.
Tra ivari interventi degli Agricoltori Siciliani presenti all’incontro e che hanno animato il Convegno ed hanno evidenziato di non essere gli al-Qaida dell’industria di trasformazione italiana, ma di fronte ad un tema pubblico di così vasta rilevanza per la salute dei nostri figli non si puo’ rimanere insensibili. Non e’ nostra intenzione diffondere allarmismo tra i consumatori – ha precisato Pino D’ Angelo del Comitato Spontaneo per l’agricoltura Sicilia che raggruppa oltre settemila agricoltori – ma e’ opportuno che l’ industria italiana e le istituzioni colgano il segnale di sofferenza che vivono gli agricoltori.
Altrimenti non c’e’ dieta che tenga…

Comitati Spontanei Agricoltori