Basta aria fritta sul turismo come veicolo di sviluppo economico

 di Francesco Sciara
Nella giostra dell’aria fritta di questa campagna elettorale per il rinnovo dell’Amministrazione comunale, la parola “turismo” sarà molto gettonata. Uscita da tutte le bocche come sinonimo di veicolo di sviluppo economico. A mio modesto parere, Santa Margherita di Belìce è distante anni luce dall’intraprendere la strada dello sviluppo turistico ed economico. Ma, in base alla mia  personale esperienza di gestore di un piccolo Bed & Breakfast  vorrei  fare alcune considerazioni. Non per dire cosa si dovrebbe fare per sviluppare il turismo, esprimerò le mie idee magari in un altro momento,  ma per rispondere a dei legittimi interrogativi su che cosa dovrebbero venire a fare i turisti o i vacanzieri nella città del Gattopardo e nel territorio delle Terre Sicane.  

Ecco come la penso.

Inizio a rispondere con una identica domanda. Cosa dovrebbero andare a fare i turisti a Palazzo Adriano, Contessa Entellina, Sambuca, Menfi, Montevago, Partanna e così continuando per la stragrande maggioranza dei comuni siciliani? Anche in questi Comuni ci saranno pecche e problemi. Eppure, vi posso assicurare che i turisti e vacanzieri ci vanno.

Come vengono, ovviamente non in grande numero, a Santa Margherita di Belìce.  Ed ecco, cosa vengono a fare i turisti, pochi, e i vacanzieri, molti di più,  nei fine settimana, nei ponti festivi, in estate e anche in inverno.

Vengono a visitare e a scoprire un territorio baciato dal sole e dal mare, immerso in una natura per certi versi ancora incontaminata.

Vengono a tuffarsi nelle acque calde delle terme di Montevago.
Vengono a degustare i vini e a visitare le tanti affermate cantine del territorio.
Comprano il vino “fatto in casa”, le cassette di ficodindia direttamente dal produttore. Vanno a farsi una gustosa zabbinata direttamente dal pastore o al caseificio dove comprano qualche Vastedda della Valle del Belìce.
Scappano dalla routine e dal caos dei grandi centri per stare un po’ tranquilli, spendendo poco.
Approfittano della favorevole collocazione geografica del nostro paese per visitare Sciacca, Mazara del Vallo, i Templi di Agrigento e di Selinunte. Si spostano  nelle più rinomate località balneari della Sicilia occidentale. Vanno a farsi salutari passeggiate al Lago Arancio, al Parco della Risinata, al Bosco del Magaggiaro.
Vengono a gustare gli squisiti dolci  delle nostre rinomate pasticcerie, a mangiare, sempre spendendo poco, nei nostri ristoranti e pizzerie che offrono una buona cucina.
Se raggiungono Porto Palo non trovano di certo grandi strutture ricettive, servizi adeguati, discoteche, stabilimenti balneari. Ma in tanti, vi posso assicurare,  vengono proprio per questo. Turisti piemontesi hanno affermato:  “Veniamo, ogni anno, perché ci sono cilometri di spiagge libere, immerse nel verde e nella natura, larghe e sabbiose. Ottima cucina, buon pesce e gente calorosa e accogliente”.
Ecco, talvolta i turisti, ricchi o meno ricchi che siano, apprezzano proprio queste piccole grandi cose: sole, mare, terme, un bicchiere di vino, un piatto di fumante ricotta.
Ma quanto rimangono?  Mezza giornata, un giorno,  tre giorni.
Qualcuno ha fatto una vacanza di 20 giorni. Venivano da Brescia hanno girato in lungo e in largo  mezza Sicilia. Assaporando piccole cose. Hanno detto che ritorneranno.
Sono perfettamente d’accordo che a Santa Margherita di Belìce attualmente non ci sono le basilari condizioni per aumentare le presenze turistiche. Abbiamo la bocca asciutta, “lu ficatu sfattu”, le “penne sbindate”, le tastiere “scassate” nell’evidenziare e nel segnalare che ci sono i musei chiusi, il Cafè House puntellato, le ville chiuse, il Parco del Gattopardo in agonia, il paese sporco.
Ma se poi qualche turista o qualche vacanziere capita dalle nostre parti che facciamo? Lo facciamo scappare o cerchiamo di accoglierlo nel miglior dei modi?
Magari, gli descriviamo i principali luoghi da visitare del nostro piccolo paesino. Gli diamo una guida della città e magari lo accompagniamo in giro. Cercando di evitare quel luogo che proprio in quel momento è chiuso. Non per prendere in giro il turista. Ci mancherebbe altro, spero che sia un concetto chiaro. Gli facciamo visitare i luoghi tanto cari a Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Lo  portiamo a visitare la chiesa Madre per ammirare il SS. Crocifisso benedetto dal Beato Giovanni Paolo II. Lo portiamo a visitare la splendida ex Chiesa Madre, oggi Museo della Memoria. E poi via,  a bere un bel bicchiere di vino, a gustare  un piatto di calda ricotta e così via. Passando dall’enoteca per fargli acquistare una bottiglia di vino o un vasetto di marmellata di fichidindia.
E si, turista e gestore accomunati dal “fai da te”. Ma che ci possiamo fare.

Non possiamo sempre aspettare la manna dal cielo. E neanche sempre protestare, lamentarci e aspettare che la politica e gli amministratori cambino modo di amministrare questo paese. Sarebbe più veloce e utile “spazzare” in un colpo solo questo modo di amministrare Santa Margherita di Belìce. Ma sono convinto che, purtroppo, questa e pura e semplice utopia.

In conclusione Santa Margherita di Belìce non è certo la mecca del turismo. Aspettiamo tempi migliori. E soprattutto, auspichiamo una sinergia tra pubblico e privato. Cerchiamo di fare sistema. Tutti assieme. Almeno coloro che credono nel riscatto e in un futuro migliore per Santa Margherita di Belìce.
Credo che la verità e la cosa giusta siano, spesso, a metà strada.